La variante inglese del Covid scoperta due mesi fa, il Governo non si è accorto di nulla

Le notizie provenienti dall’Inghilterra, dove è stata isolata una nuova variante di Covid, preoccupano il mondo. In realtà, evidenze su questo tipo di mutazione erano già state segnalate nei mesi scorsi da diversi scienziati, ma il Governo italiano non ne era a conoscenza. 

Variante inglese scoperta mesi fa, Governo non ne sapeva niente
Giuseppe Conte/Yves Herman, Getty Images

La variante inglese del Covid spaventa l’Europa. Pazienti positivi alla nuova tipologia di virus sono stati rintracciati in numerosi altri Paesi in giro per il mondo – Italia compresa: segno che probabilmente il nuovo ceppo di Covid ha già ampiamente valicato i confini britannici. In questo senso preoccupano non poco le dichiarazioni rilasciate dal direttore vicario dell’Oms Ranieri Guerra alla trasmissione “Non è l’arena“. Secondo Guerra, la nuova variante del virus “non arriva solo dall’Inghilterra” e le prime segnalazioni riguardo questa mutazione risalgono a “più di un mese fa“: l’evidenza, spiega ancora il medico, parla di una versione “molto più contagiosa, che si trasmette con molta più facilità” ma che, fortunatamente, “Non altera la letalità“.

Ma com’è possibile che, di fronte ad uno scenario tanto allarmante – e con già diversi casi di segnalazioni rispetto alla mutazione del virus, una delle quali proveniente da una voce autorevole come quella di Ranieri Guerra – il Governo italiano non sapesse nulla di questa pericolosa possibilità? Il timore, ora, è che la versione inglese del virus circoli sotto traccia nel nostro Paese già da tempo: la paziente positiva segnalata dal Celio, infatti, ha contratto l’infezione dal proprio convivente, rientrato dal Regno Unito “da alcuni giorni“. Una definizione tutt’altro che rassicurante, soprattutto alla luce delle migliaia di persone che – complici le festività natalizie – hanno fatto ritorno in Italia dalla Gran Bretagna nelle scorse settimane. Insomma, l’impressione è che il blocco ai collegamenti aerei imposto in tutta fretta dal Ministro della Salute Roberto Speranza – e del quale non erano a conoscenza i colleghi Francesco Boccia e Luigi Di Maio – possa essere arrivato troppo tardi.

Preoccupano  i dubbi sul comportamento tenuto da Londra: il sospetto è che la Gran Bretagna, pur essendo a conoscenza di questa nuova mutazione da tempo, possa aver taciuto senza lanciare un’allerta per tempo. “Abbiamo avvisato l’Oms da una decina di giorni, quando sono emerse prove di qualcosa di preoccupante“, fanno sapere dal Regno Unito, confermando la data “ufficiale” del 12 dicembre, quando il nuovo ceppo è stato isolato.

A dare adito alle perplessità sul comportamento del Governo britannico arrivano le parole di Federico Giorgi, genetista ricercatore dell’Università di Bologna che, intervistato da Repubblica, spiega che la nuova variante era già stata “isolata tra fine settembre e l’inizio di ottobre” da parte del team di ricercatori dell’Alma Mater: “Abbiamo scritto tutto in un articolo che è stato pubblicato. Avevamo notato la mutazione in 15 pazienti inglesi, ma non avevamo una validazione sperimentale“, spiega Giorgi, tutt’altro che stupito dall’esistenza di una mutazione nel meccanismo con il quale il virus entra nelle cellule umane. Una mutazione segnalata tempestivamente e “notata in Inghilterra, negli Stati Uniti e in Australia“.

Una buona notizia arriva, per fortuna, dal fronte dei vaccini: gli scienziati, in modo pressoché unanime, si dicono convinti che i trattamenti messi a punto in questi mesi potranno essere efficaci anche di fronte alle mutazioni del virus. “I vaccini sono efficaci perché comunque hanno l’obbiettivo di disinnescare la proteina spike“, spiega ancora Giorgi, convinte del fatto che “il vaccino bloccherà la malattia. Per un anno, forse due, potremo stare tranquilli“. In futuro sarà tuttavia indispensabile pensare ad un nuovo farmaco: “occorrerà sequenziare il virus, sorvegliarlo e adeguare i vaccini perché mutare è nella natura del virus stesso“, conclude.

Parole rassicuranti arrivano anche da Maria Rosaria Capobianchi – docente di Biologia Molecolare, alla guida del Laboratorio di Virologia dell’Istituto Spallanzani, tra i primi capaci di isolare il virus – convinta del fatto che “per adesso le variazioni osservate non sono tali da far presupporre che il vaccino non funzioni“. Soprattutto perché, anche grazie alla grande esperienza maturata attraverso la ricerca e la realizzazione di vaccini antinfluenzali, i trattamenti vengono “aggiustati tutti gli anni, perché il virus cambia talmente tanto da non essere più sensibile all’immunità determinata dal vaccino dell’anno prima“. Un percorso perfettamente normale e ormai rodato, tanto che Capobianchi rassicura anche sui tempi di adeguamento: “Ormai la strategia di come si disegna il vaccino è tracciata. Non ci vorrà molto a sostituire la proteina S nel caso in cui fosse necessario“, ha spiegato Capobianchi a Il Fatto Quotidiano.

Tutti elementi che per ora convincono il Governo a proseguire sul percorso tracciato per la campagna vaccinale, al via con il V-day europeo il 27 dicembre per poi proseguire, da gennaio, con le categorie più a rischio.

 

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