Coronavirus, il 30% dei guariti avrà problemi respiratori cronici

Gli scienziati si interrogano sulle conseguenze del Coronavirus nei soggetti guariti. Secondo le prime ipotesi potrebbero permanere  danni respiratori.

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I dati della Protezione Civile di oggi ci informano che gli attualmente positivi scendono a 50.966, con una decrescita di 1.976 assistiti rispetto a ieri. Nelle ultime ventiquattro ore si registrano 117 decessi che  portano il totale a 33.072. Il numero complessivo dei dimessi e guariti sale invece a 147.101, + 2.443 rispetto a ieri. I ricoverati scendono a quota 7.729, con un decremento di 188 pazienti rispetto a ieri. I pazienti nelle terapie intesive calano a 505 , segnando una decrescita di 16 unità rispetto a ieri.

In Italia, ad oggi, il totale delle persone che hanno contratto il virus è di 231.139, + 584 rispetto a ieri.

Le conseguenze del Coronavirus

Nonostante il progressivo calo dei contagi e il continuo svuotarsi delle terapie intensive, molti – sia esperti sia comuni cittadini – con una certa preoccupazione, s’interrogano sul dopo. Questo virus, totalmente sconosciuto fino a qualche mese fa, lascia strascichi sulla salute? Infatti l’attenzione di medici e scienziati, negli ultimi tempi, è rivolta, sempre di più, sulle possibili conseguenze del Coronavirus sul nostro organismo dopo la guarigione dall’infezione virale. Un lungo periodo di degenza in terapia intensiva o in reparti di malattie infettive e pneumologia, comporta un’indebolimento e affaticamento del nostro apparato respiratorio. Una delle ultime ipotesi degli studiosi prevede uno scenario a dir poco allarmante: a quanto pare ben il 30% dei guariti dovrà convivere con problemi respiratori cronici. Inutile girarci attorno, quindi: la fine di questa emergenza sanitaria potrebbe essere l’inizio di un’altra all’interno dei reparti di Pneumologia. Lo scenario preoccupante – riportato dal Corriere della Sera – arriva dal meeting della Società Italiana di Pneumologia, la quale avverte sul rischio di sviluppare una fibrosi polmonare.  Il danno irreparabile sarebbe causato dagli esiti fibrotici, ovvero la cicatrice lasciata sul polmone dall’attacco del Covid-19. A essere maggiormente a rischio sono coloro che sono stati contagiati in forma più grave e che hanno bisogno di un lungo periodo riabilitazione motoria e respiratoria per una ripresa ottimale della vita. A esprimersi sulla questione è intervenuta Marta Lazzeri, presidente dell’Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria (ARIR) e fisioterapista all’ospedale Niguarda di Milano. La dottoressa ha palesato la preoccupazione di un danno a lungo termine come l’evoluzione di cicatrici permanenti ai polmoni. Ha precisato che si tratta di una malattia di cui si sa ancora ben poco, e ancora meno sono le certezze sulla vita post-contagio. “Dopo le dimissioni alcuni pazienti raccontano di sentirsi spesso stanchi, riscontrando addirittura difficoltà nel compiere un’azione quotidiana come farsi la barba”.

Le ipotesi più recenti si basano su due lavori pubblicati dal New England Journal of Medicine, dove è stata studiata una popolazione di soggetti giovani – l’età media è di 45 anni – con nessuna o solo una patologia a carico. Si tratta di individui ricoverati per ARDS – Acute Respiratory Distress Syndrome – una sindrome che compromette i polmoni e sfocia in una grave difficoltà di ossigenazione. Tenuti sotto controllo per cinque anni, seppur presentando miglioramenti, non hanno mai recuperato uno livello di vita pre-evento acuto. Si tratta di una condizione in cui possono incorre anche i casi gravi di Covid-19.

I problemi però non finisco qua e, alle conseguenze fisiche, si aggiungerebbero quelle emotive: disorientamento, perdita del gusto e dell’olfatto e possibili deliri. Tutto ciò sarebbe causato, secondo uno studio pubblicato dal Lancet Psychiatry, dai lunghi periodi in terapia intensiva che aumenterebbero l’agitazione e la confusione nei pazienti. Lo studio, diretto da Jonathan Rogers, del Wellcome Turst presso la University College London, evidenzia stati di problemi mentali in pazienti colpiti da SARS-CoV-2, oltreché da un confronto della SARS e della MERS. Non è quindi escluso che, sebbene fisicamente guarito, l’organismo dei contagiati resti definitivamente segnato dal trauma, sviluppando in parallelo sintomi d’ansia, cali di memoria, depressione e stress post-traumatico.

Gli esperti temono perciò che le conseguenze “post Covid” possano rappresentare il pericolo di domani. Per questa ragione – riferisce AGI – alcuni hanno iniziato ad avanzare la richiesta di istituire specifici ambulatori dedicati al follow-up dei pazienti che sono stati ricoverati e che potrebbero aver bisogno di un trattamento attivo farmacologico e di percorsi riabilitativi dedicati. Per il momento, in Italia, esiste solo un ambulatorio di questo tipo. Si trova a Pavia ed è attivo dal 27 aprile scorso. Ma per il momento è dedicato solo ai pazienti dimessi dalla Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo.

Simona Contaldi

Fonte: Corriere della Sera, AGI, Protezione Civile

 

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