Se non si vaccinano abbastanza persone, dobbiamo considerare l’obbligo, dice il viceministro Sileri

Il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, nonostante l’entusiasmo per l’avvio della campagna vaccinale, mette in guardia. La strada per uscire dal Covid è ancora lunga, e senza una massiccia adesione ai vaccini l’obbligatorietà potrebbe essere un’opzione.

Il viceministro della Salute Sileri non esclude l'obbligo vaccinale
Pierpaolo Sileri/Facebook Pierpaolo Sileri

L’obiettivo è chiaro: somministrare entro aprile 13 milioni di dosi di vaccino anti-Covid. Sono questi i termini in cui ragiona il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, consapevole del “momento storico” vissuto due giorni fa, con l’avvio simbolico della campagna vaccinale in tutta Europa in occasione del V-day, ma anche concentrato sulla necessità di procedere con prudenza: “Abbiamo ancora diversi mesi di convivenza con il virus. Non illudiamoci di uscirne in poche settimane“, mette in guardia. La strada è ancora lunga, secondo Sileri, convinto del fatto che “Per sconfiggere il Covid ci sarà bisogno di un’adesione massiccia al vaccino“.

E’ una delle questioni fondamentali legate alla somministrazione dei trattamenti. Perché se da un lato è fondamentale che il sistema sia in grado di rispondere in modo efficiente alla sfida dall’altro rimane l’incognita su quanti saranno gli italiani che accetteranno di sottoporsi al vaccino. Già in questi giorni, nelle categorie che godono di priorità – medici, infermieri e personale delle Rsa – si segnalano le prime rinunce. E se in alcune zone del Paese la percentuale di chi rifiuta il trattamento è minima, in altre aree i numeri crescono in maniera consistente. “È anche comprensibile che ci possa essere riluttanza da parte di alcune persone, perché questo è un vaccino nuovo“, ammette Sileri. “Ma se a mostrarsi reticente è il personale sanitario, che ha una laurea per capire che i rischi sono quelli di un qualunque altro vaccino, allora a quelle persone dico che hanno sbagliato lavoro“, accusa il viceministro, portando avanti un ragionamento molto simile a quello fatto, pochi giorni fa, dal Primario del Sacco di Milano Massimo Galli. “Avere dei no vax tra i medici equivale a un fallimento“, spiega ancora Sileri.

E così, dopo che l’argomento si è affacciato nel dibattito pubblico in più occasioni nei mesi scorsi, ora che il vaccino è realtà si torna a discutere di una sua eventuale obbligatorietà. Che al momento, ricorda il viceministro, “non è prevista“. Ma le cose potrebbero cambiare: “Se nei prossimi mesi, con più dosi e più vaccini disponibili, la campagna di vaccinazione non dovesse raggiungere i 2/3 della popolazione, allora si dovrebbero prendere delle contromisure“, ammette. “Tra queste, c’è l’obbligatorietà“.

Intanto le dosi a disposizione nel nostro Paese sono ancora poche, in attesa che nei primi mesi del 2021 la disponibilità cresca in maniera significativa. Per aprile sono previste oltre 13 milioni di dosi, ma in questo senso non vi è ancora alcuna certezza. Alcuni dei vaccini in fase di studio presso le agenzie competenti devono ancora essere approvati, ricorda Sileri, e in caso di rallentamenti tempi potrebbero allungarsi. “Non mi stupirei se questi calcoli venissero corretti strada facendo“, ammette. Intanto, la Germania ha ottenuto parecchie dosi in più rispetto all’Italia. Un caso su cui secondo Sileri “va fatta luce, se c’è stato un errore nella distribuzione. Comunque, ci sono delle percentuali settimanali destinate a ogni Paese e queste verranno rispettate“, assicura il viceministro.

Sileri poi torna a puntare l’attenzione sul futuro prossimo, con il rischio – concreto – che l’Italia si trovi ad affrontare una terza ondata di contagi. “Il vaccino, che ha un’efficacia accertata a un mese dalla prima dose, nulla potrà sulla probabilissima recrudescenza che vedremo nei prossimi giorni, dovuta alla maggiore circolazione durante le feste, pur con tutti i limiti adottati“, spiega con preoccupazione Sileri, che sottolinea poi come anche la scoperta della variante inglese – caratterizzata da una velocità di contagio superiore alla norma – contribuisca a complicare ulteriormente il quadro della situazione: “se la maggiore contagiosità porta fuori controllo i numeri diventa un ostacolo, perché porterebbe anche più morti“, spiega. Ciò nonostante – e sempre nel quadro dei 21 parametri di valutazione adottati negli ultimi mesi dal Governo – Sileri non esclude che nelle prossime settimane, di fronte a dati confortanti provenienti dalle singole Regioni, si possa iniziare a ragionare di graduali riaperture, anche per quel che riguarda “l’allungamento progressivo degli orari di bar e ristoranti“.

 

 

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