Task force, Renzi dice no e tiene sulla corda il Governo “Non sto scherzando”

Matteo Renzi minaccia di far cadere il Governo sul tema della governance del Recovery Fund, ma i rischi per Conte sono molteplici: domani il voto in Aula sulla riforma del Mes, con la Maggioranza già a rischio.  
Renzi sul Recovery Fund: "Se non cambia mi sgancio"
Matteo Renzi/Alberto Pizzoli, Getty Images
E’ preoccupato, il Premier Giuseppe Conte. Molto preoccupato. A turbare i suoi sonni in queste ultime ore è la battaglia sulla governance del Recovery Fund, sulla quale le resistenze più blande del PD si sommano alla protesta a muso duro di Italia Viva che minaccia, senza troppi giri di parole, di far pagare care a Conte eventuali scelte non condivise.
 E’ per questo che buona parte della giornata di ieri il Presidente del Consiglio l’ha trascorsa  cercando di tranquillizzare l’ambiente della Maggioranza riducendo l’autonomia dei sei manager che – nel piano messo a punto da Palazzo Chigi – dovranno guidare la gestione dei fondi del Recovery. Eliminare, almeno, l’ipotesi che questi possano agire in deroga e con poteri sostitutivi. Via libera al lavoro dei tecnici, chiamati ad intervenire per migliorare questo aspetto, sul quale addirittura il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova – il braccio di Matteo Renzi in Consiglio dei Ministri – aveva avanzato dubbi di costituzionalità. L’obiettivo è far rientrare il malcontento del Pd, per il momento. Mentre è probabile che un intervento di questo tipo non possa bastare a far rientrare le proteste che provengono da Italia Viva, la cui convinzione è che i problemi vadano ben oltre il nodo – pur fondamentale – della governance: “Il problema è tutto il piano“, ripete Renzi. “Se pensano che io stia scherzando, mi conoscono poco. Se non cambia, io mi sgancio“.
Conte, schiacciato tra le diverse anime di un Governo che sta ora mostrando in maniera plastica tutti i limiti di una convivenza forzata, è convinto di un fatto: arrivati a questo punto, le lamentele e le istanze delle varie forze politiche hanno ben poco a che fare con questioni realmente di merito. “Siamo nel campo dei pretesti” – ragiona il Presidente del Consiglio. E, in questo terreno minato, ognuno prova ad indirizzare l’azione dell’Esecutivo dove preferisce, con il risultato peggiore: la crisi di Governo, ormai, non è più un’ipotesi peregrina e, anche se i vari casi dovessero rientrare nel giro di qualche giorno, è probabile che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella pretenderà, al termine di questa serie di delicati passaggi parlamentari ed europei, un chiarimento dal Capo del Governo. Dalla crisi non avrebbe da guadagnare nessuno, tanto meno il Premier, che accetta così di scendere a compromessi: meno poteri ai super-manager – che nel piano di Palazzo Chigi avrebbero dovuto rispondere direttamente allo stesso Conte, come in una sorta di Governo parallelo – e un’apertura ad estendere il triumvirato – fin qui composto dal Premier, dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio e da quello dell’Economia Roberto Gualtieri – anche alla renziana Bellanova. Ipotesi contrastata, però, dal Partito Democratico, convinto che sia importante non cedere al gioco dei veti messo in atto dall’ex sindaco di Firenze.
E così, mentre si tratta sul bollente capitolo del Recovery, siamo alla vigilia del passaggio in aula sulla riforma del Mes. Altro dossier a dir poco scivoloso, per il Governo. Dall’interno del Movimento continuano ad arrivare voci di forte contrarietà all’approvazione del testo – che l’Italia ha già sostanzialmente promesso a Bruxelles – e un eventuale voto negativo da parte di Camera o Senato metterebbe l’Esecutivo in serissime difficoltà.
Insomma, tra il Movimento 5 Stelle che si divide sul Mes e Renzi che continua a minacciare uno strappo, Conte sembra più che mai isolato. Anche perché il PD, fino a questo momento sempre molto vicino alle posizioni del Premier, sembra oggi avere un atteggiamento più prudente e meno apertamente favorevole al suo operato. E se Zingaretti tace – accrescendo la preoccupazione di Conte – ieri è stato il vicesegretario dem Andrea Orlando a prendere la parola per chiarire che “L’incidente non verrà dal PD, chiediamo ai nostri alleati la massima attenzione“. Un appello rivolto tanto ai 5 Stelle quanto ai renziani. Ma che, soprattutto, sembra quasi dare per scontato che, alla fine, un incidente arriverà.
Impostazioni privacy