Espulso chi vota contro il premier Conte, il Movimento gioca l’ultima carta

A due giorni dal voto sulla riforma del Mes, la Maggioranza è ancora alle prese con la forte contrarietà di un gruppo di parlamentari del Movimento 5 Stelle. 
Riforma del Mes, dal Governo filtra fiducia
Giuseppe Conte/Facebook Palazzo Chigi
Clima tesissimo nel Movimento 5 Stelle. Il fine settimana, che doveva dare tempo alla prima forza politica del Parlamento di trovare un accordo interno sulla questione della riforma del Mes, non è servito. Anzi, oggi la tensione sembra essere addirittura più alta di qualche giorno fa.
 Il reggente Vito Crimi prova a mostrare i muscoli per serrare i ranghi, minacciando l’espulsione per chi dovesse votare in modo difforme rispetto alla linea decisa dal gruppo. Anche perché – insiste nel ragionamento Crimi – il voto di mercoledì riguarda una riforma europea già avviata e che appare impossibile fermare in questo momento, ma non ha a che fare con l’eventuale accesso dell’Italia ai fondi del Mes sanitario. In tutto questo, però, la partita interna al Movimento va ben al di là del voto di mercoledì  e un ruolo non secondario è in questo senso svolto anche dai due convitati di pietra: Davide Casaleggio ed Alessandro Di Battista. I due portano avanti ormai da tempo una vera e propria guerra contro i vertici che rischia di creare una spaccatura profonda tra chi sostiene convintamente la Maggioranza di Governo e chi, al contrario, si muove in altre direzioni.
Non ha aiutato, in questo senso, il confronto interno. Anzi, se possibile l’ultima assemblea non ha fatto altro che scaldare ulteriormente gli animi, con grida ed insulti volati da una parte all’altra. “Fascisti“, urlava la Deputata Emanuela Corda – tra i frondisti – rivolta a Crimi e Di Maio, colpevoli di aver usufruito di un tempo superiore ai due minuti e mezzo concessi agli interventi degli altri. “Io quella riforma non la sosterrò mai” – assicuravano poi il Deputato Francesco Forciniti e il Senatore Matteo Crucioli. Una promessa che potrebbe anche tradursi nella decisione di non essere presenti in Aula al momento della votazione, così da non votare contro la Maggioranza. Quel che è certo è che oggi, a due giorni dal voto, i numeri del Governo ancora non sono certi.
Al di fuori della bolgia del Movimento, dal Governo continuano ad arrivare, pubblicamente, segnali di grande ottimismo. Dopo le parole del Premier Giuseppe Conte, anche il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, intervistato da SkyTg24, ostentava sicurezza: “Sono assolutamente fiducioso che ci sarà un voto positivo, sarebbe incomprensibile che l’Italia esercitasse un veto mentre si sta battendo contro i veti di altri Paesi sul Recovery Plan“. Ne è convinto anche il costituzionalista e deputato dem Stefano Ceccanti. Mentre il recente passaggio parlamentare sullo scostamento di bilancio richiedeva la maggioranza assoluta, la riforma del Mes può essere approvata anche solo con la maggioranza relativa: “i sì devono solo battere i no“, spiega Ceccanti. E, secondo le sue stime, i numeri al Senato non mancheranno, con i sì che – mettendo insieme i voti di Movimento 5 Stelle, Pd, Italia Viva, Autonomie e buona parte del Misto, e volendo ipotizzare una quindicina di defezioni tra i grillini – “potrebbero oscillare ragionevolmente tra i 155 e i 160“. Abbastanza per superare i no, che “si collocano invece intorno ai 140-145 al massimo sommando al centrodestra cinque dei 15 dissidenti M5S“.
Il vero nodo, però, resterebbe irrisolto: se davvero alcuni parlamentari grillini decidessero di votare con l’Opposizione rischierebbero di essere espulsi dal Movimento. Una circostanza che abbasserebbe in modo molto pericoloso l’asticella della Maggioranza, facendola scivolare al di sotto del “quorum” della metà più uno dei componenti dell’Aula. E poi, al di là del voto sulla riforma, lo scontro in Maggioranza sull’attivazione del Mes rimane apertissimo:  “È allucinante non prenderlo, si risparmiano 300 milioni l’anno“, sostiene Matteo Renzi, che sul tema ha ritrovato una rinnovata sintonia anche con il Partito Democratico. I 5 Stelle, però, la pensano diversamente: “Si risparmiano 300 milioni ma si ipoteca il futuro degli italiani come per la Fornero“, taglia corto Crimi.
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