Covid, attesa per il nuovo Dpcm: Conte non vuole il coprifuoco ma è rimasto solo

Le proiezioni sull’andamento della curva dei contagi preoccupano il Governo, pronto a varare nel giro di pochi giorni un nuovo Dpcm. Oltre alla chiusura imposta ad alcune attività, si discute sull’introduzione di un coprifuoco che il Premier Conte vorrebbe evitare. 
Le ordinanze sempre più restrittive varate negli ultimi due giorni da diverse amministrazioni regionali saranno con ogni probabilità seguite presto da nuovi interventi, sia a livello locale che da parte del Governo. Sul primo fronte, si registrano le principali novità dovrebbero riguardare la Liguria, il Lazio e la Puglia; sul piano nazionale, invece, un nuovo Dpcm, contenente ulteriori limitazioni, dovrebbe essere firmato entro domenica sera. A rischio, più che mai, l’attività di palestre e piscine, cui potrebbe essere imposta la chiusura. Aumentano, poi, le probabilità di vedere inserite nel testo delle limitazioni orarie per le aperture dei centri commerciali nei fine settimana – sul modello delle decisioni adottate dalle amministrazioni della Lombardia e del Piemonte -, mentre rimane aperta la partita sul coprifuoco nazionale dalle 23 alle 6: sulla misura, fortemente suggerita soprattutto dal Partito Democratico, va registrata ancora la contrarietà del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e di Italia Viva.
Questi i principali temi in discussione nei prossimi tre giorni, con l’Esecutivo che studia come affrontare la crescita dei contagi da coronavirus. A mettere fretta al Governo ci sono gli studi e le proiezioni che gli esperti hanno presentato a Palazzo Chigi: tutte parlano di una ulteriore crescita molto rapida del contagio, da oggi fino a venerdì.
Questo, inevitabilmente, comporterà l’aggravarsi della pressione sui servizi ospedalieri, mentre in giro per l’Europa altri paesi, come Inghilterra e Francia – leggermente più avanti di noi nella crescita delle curve dei contagi – prenderanno in considerazione una serie di altre misure che si avvicinano moltissimo al ritorno a quel lockdown totale che spaventa milioni di persone nel Vecchio Continente. Ed è a quel punto che, con una serie di nuove misure, il Governo spera di non dover arrivare. Per farlo, però, l’Esecutivo vuole tenere un approccio forte nei confronti del virus: un approccio che potrebbe portarlo addirittura a  consentire gli spostamenti soltanto per ragioni di scuola o di lavoro, e a limitare anche la mobilità tra le regioni.
Intanto, in attesa di capire quali saranno i provvedimenti contenuti nel prossimo Dpcm, si riscontrano difficoltà nell’applicazione di quelli già varati: il Ministero dell’Istruzione, ad esempio, ha tradotto l’indicazione relativa agli orari di ingresso a scuola scaglionati – contenuta nell’ultimo decreto – in una procedura molto complessa, scatenando il malcontento di tutto l’Esecutivo.
Parallelamente, si procede con la trattativa costante tra Governo e amministrazioni regionali, con il Ministro della Salute Roberto Speranza e quello dei Rapporti con le Regioni Francesco Boccia intenti a mediare con i Governatori. La stretta imposta negli ultimi giorni da Lombardia, Campania e Piemonte dovrebbe presto essere imitata anche dalla Liguria di Giovanni Toti, allarmato dalla percentuale di malati a fronte del totale dei tamponi effettuati. Previsti, quindi, lockdown mirati in alcune aree di Genova, oltre che ad un ritorno alla didattica a distanza almeno al 50% delle ore di lezione per le scuole superiori.
Cantieri sulle prossime limitazioni aperti anche in Puglia e nel Lazio, dove il Presidente della Regione Nicola Zingaretti sembra orientato ad imporre lezioni a distanza per tutte le università, ad eccezione dei corsi riservati alle matricole.
Insomma, nel Governo si procede ormai da giorni in uno stato di costante fibrillazione. Al centro di tutto, Giuseppe Conte, diviso a metà tra due orientamenti contrapposti: da una parte l’intenzione, fermissima, di evitare un nuovo lockdown, considerato insostenibile per l’economia nazionale; dall’altra il timore di vedere nuovamente il paese sprofondare nel dramma vissuto nella scorsa primavera. Nel pieno di questo dissidio interno, per Conte, arriva la speranza di poter avviare il processo di vaccinazione degli italiani già a gennaio, con l’obiettivo di immunizzare fino a dieci milioni di persone entro il prossimo giugno.
D’altra parte, sarebbero due i vaccini sul punto di essere immessi sul mercato: quello cui sta lavorando AstraZeneca, che potrebbe essere pronto già a dicembre, e quello della Pfizer-BioNTech, le cui prime dosi saranno destinate agli Stati Uniti, ma sul quale è viva la la speranza di numerosi Governi europei di poter iniziare a distribuirlo anche da noi già ad inizio 2021. A questi, si aggiunge il lavoro sugli anticorpi monoclonali che si sta svolgendo in Toscana alla Tls, con la collaborazione di Menarini Biotech. In generale, la corsa ai vaccini procede in tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina.
E’ evidente, tuttavia, che in questo senso si rimanga – per ora – nel campo delle belle speranze. Certo, la ricerca procede e c’è ottimismo sulla possibilità di arrivare alla messa in circolazione di vaccini a tempo di record, ma nessun giocatore punterebbe tutte le proprie fiches su questa eventualità. Anche perché con il peggioramento delle curve il rischio è che la situazione sanitaria torni ad essere ingovernabile, elemento che rende indispensabili una serie di provvedimenti che – in attesa dei vaccini – possano scongiurare il verificarsi di quest’ipotesi attraverso il contenimento.
E’ per questo che, nei costanti contatti tra il Ministero della Salute e le Presidenze di Regione, Speranza ha più volte ripetuto di apprezzare l’approccio restrittivo voluto da molti Governatori. Ciò non toglie, tuttavia, che un nuovo intervento di carattere nazionale sia necessario e, stando a quanto filtra, anche abbastanza imminente.
Detto della probabile chiusura di palestre e piscine, anche ristoranti e bar – oltre che i centri commerciali – potrebbero subire ulteriori restrizioni negli orari di apertura al pubblico. Ma il vero oggetto del contendere, nel Governo, è rappresentato dall’introduzione del coprifuoco: il Pd insiste con la necessità di estendere la misura varata in Lombardia – e ieri anche in Campania – a tutto il territorio nazionale, che prevede l’obbligo per tutti di fare ritorno a casa entro le 23 e fino alle 5. Il Movimento 5 Stelle è disposto ad andare incontro alle richieste dell’alleato soltanto in caso di riduzione della fascia oraria, con lo stop alla circolazione che scatterebbe all’una. Conte, dal canto suo, vorrebbe evitare entrambe le proposte, convinto che l’efficacia e l’utilità di una misura di questo tipo – soprattutto a fronte di mezzi pubblici che durante la giornata rimangono fortemente sovraffollati – rimangano tutte da dimostrare.
Sul fronte opposto, oltre ad alcuni esperti, si schiera la frangia più prudente del Governo, convinta che un provvedimento simile, anche se dovesse dimostrare una efficacia relativa, avrebbe comunque il pregio di portare con sé un messaggio di severità ritenuto utile in questa fase. L’unica alternativa che l’ala rigorista dell’Esecutivo prende in considerazione, è quella dello stop totale ad  ogni spostamento, salvo quelli dovuti alle tre categorie “d’oro“: scuola, lavoro, salute.
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