Giuseppe Conte prende tempo a Bruxelles, ma per dare ossigeno all’Italia servono 20 miliardi

Dopo il dramma dell’epidemia e il conseguente blocco delle attività produttive, all’Italia servono almeno 20 miliardi.
Il Governo dovrà aumentare il deficit per rifinanziare la cassa integrazione, rateizzare le tasse e aiutare i Comuni. Ma i primi finanziamenti del Recovery Fund arriveranno solo nel 2021. 

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La posizione di Giuseppe Conte è messa nuovamente a dura prova, questa volta dalle trattative in corso al vertice di Bruxelles. Il muro alzato dall’olandese Mark Rutte costringe gli altri a sottostare alle sue decisioni. O, meglio, tentare di trattare è l’unica cosa che si può fare dal momento che un rientro a Roma senza l’accordo rischierebbe di far crollare nuovamente Conte agli occhi degli alleati di Governo e dell’opposizione. Il problema, però, non cambia: l’epidemia e il conseguente blocco delle attività produttive hanno messo a dura prova l’Italia, che oggi va avanti a fatica. Servono, urgentemente, almeno 20 miliardi, informa Repubblica. Di questi, 6-7 servono per prorogare fino alla conclusione dell’anno la cassa integrazione; altri 4-5 saranno necessari per ristorare le casse dei Comuni e delle Regioni in prima linea durante l’emergenza; ancora altri 4-5 miliardi dovranno essere utilizzati per l’operazione di rateizzazione delle tasse – Iva, ritenute Irpef e Inp – sospese fino a settembre e il cui pagamento sarà spostato e rateizzato nel prossimo anno. A queste spese, si aggiungano altre necessità che si caricheranno sul decreto di agosto: si arriverà ad una ventina di miliardi.

Come si ricorrerà a queste risorse? Più deficit pubblico. Questa, insomma, è l’unica strada percorribile e il Governo vi ha fatto già ricorso con il cosiddetto scostamento di bilancio. Con Cura Italia e Decreto Rilancio, circa 80 miliardi, il deficit è salito al 10,4 per cento del Pil e il debito ha raggiunto il 155,7 per cento del Pil, ricorda La Stampa. Ma il nuovo intervento già annunciato dall’esecutivo potrebbe far aumentare ancora le cifre. Secondo quanto riferito dall’Ufficio parlamentare di bilancio, grazie al potenziamento anti-Covid degli acquisti della Bce, nel 2020 dovremo collocare sul mercato meno titoli del 2019: su 552 miliardi, 199 li acquista Francoforte e ne restano 353. Ma, a fronte di una pressione delle spese, l’economia deve assolutamente recuperare almeno del 4,7 per cento di Pil stimato dal Governo per il prossimo anno, per rendere il quadro accettabile. Il futuro, però, è condizionato da quanto accade a Bruxelles e da quanto accadrà a settembre. Ci attendono due nodi cruciali: la nuova nota di aggiornamento al Def, dove si aggiornano conti pubblici; e il Recovery plan, cioè il piano dettagliato di investimenti da spedire alla Commissione per ottenere l’attivazione di prestiti a fondo perduto.

Nella migliore delle ipotesi,l’Italia potrebbe contare sui 172 miliardi del Recovery Fund: sarebbero spalmati in quattro anni e il 6 per cento arriverebbe nel 2021, circa una decina di miliardi. Ma è possibile che la trattativa cambi i fatti e che la cifra da investire in digitalizzazione ed economia verde venga ridimensionata. A complicare il quadro, il fatto che la spesa per cassa integrazione sarà complessivamente di quasi una ventina di miliardi: per questo è indispensabile anche il fondo Sure, che finanzia gli ammortizzatori sociali. Bisognerà comunque aspettare l’autunno e l’emissione dei bond tripla A da parte della Commissione europea. Resta, ancora, il punto del Mes, il contrastato fondo salva-Stati e i suoi 37 miliardi da destinare tuttavia solo alla sanità.

Fonte: Repubblica, La Stampa

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