Fidene, il killer impazzito dopo la morte del figlio: “Mi sembra di averlo sempre davanti agli occhi”

Il killer di Fidene -Claudio Campiti- aveva perso la testa dopo la perdita del figlio Romano dieci anni fa. Da allora non si è più ripreso.

Claudio Campiti, 57 anni, nel giro di pochi minuti si è trasformato in un killer: il killer di Fidene. Dopo anni di insulti e minacce l’uomo ha veramente messo in pratica i suoi propositi di vendetta. Un evento aveva stravolto la sua vita tanti anni fa: la perdita del figlio.

Sparatoria Fidene
Romano Campiti, il figlio dell’uomo che ha fatto la strage /archivio web-Leggilo

Il 57enne è entrato durante un’assemblea del consorzio delle ville di Fidene -quartiere di Roma – si è chiuso la porta dietro di sé, ha estratto l’arma ed ha sparato :  ha ucciso tre donne e ferito altre tre persone. L’uomo, come hanno raccontato alcuni testimoni presenti al momento della strage, avrebbe urlato: “Vi ammazzo tutti“. Poi ha puntato il gruppo di dirigenti. Campiti da tempo aveva preso di mira il consorzio attraverso il suo blog. Era già stato denunciato per minacce e comportamenti violenti. Da tempo scriveva anche ai giornali locali del Trentino Alto Adige perché era stato lì che per Claudio Campiti tutto era cambiato, era lì  che suo figlio Romano era morto quando aveva solo 14 anni in un tragico incidente sulle piste da sci. Il ragazzino era morto dieci anni fa, nel 2012, mentre di trovava in vacanza sulla neve e stava prendendo lezioni di sci. La convinzione del padre è sempre stata quella che il figlio sia morto perché quella pista era troppo pericolosa per fare lezione ad un 14enne senza esperienza. L’iter giudiziario per la morte di Romano si è concluso nel 2017 con la condanna del maestro di sci, del direttore dell’impianto sciistico e dell’addetto alla sicurezza a un anno e tre mesi di reclusione. In precedenza, invece, era stato fissato un risarcimento di 240mila euro per la famiglia del giovane.

La sparatoria 

Sparatoria Fidene
Tre donne sono morte/archivio web-Leggilo

Dopo quella traumatica vicenda, l’uomo ha iniziato ad inviare lettere ai giornali locali per riportare attenzione sul caso di suo figlio o per commentare quello di altri giovani. “Mi alzo la mattina e c’è Romano. Vado a letto e c’è di nuovo lui. Oggi mio figlio è più presente nella mia vita di prima. Penso a quello che avrebbe potuto fare, se non fosse diventato un ricordo“- si legge in una delle tante lettere inviate. Poi l’apertura di un blog contro il consorzio delle ville di Fidene. “È un feudo concesso dallo Stato al Consorzio Valleverde, in provincia di Rieti siamo all’avanguardia come il Giappone. Lui ha ‘legalizzato’ la mafia concedendogli anche una testata giornalistica, noi l’associazione a delinquere mafiosa con tanto di pagamento del pizzo”– una delle tante invettive di Campiti a cui seguivano minacce e comportamenti violenti verso i membri del consorzio. Anche questa volta si pensava volesse solo minacciare e, invece, ha iniziato a sparare. Non si conosce il numero esatto di spari avvenuti all’interno del gazebo di via Monte Gilberto. Il tutto è durato circa due minuti: due minuti che sono bastati per togliere la vita a tre persone. Oltre alle tre donne morte, Sabina Sperandio, Elisabetta Silenzi e Nicoletta Golisano, anche altre tre persone sono rimaste ferite: una 80enne colpita al torace; una colpita al cranio, nelle condizioni più gravi e un uomo di 67enne ferito alla guancia. È lui che ha disarmato il killer ed è rimasto colpito nella colluttazione con Campiti.

 

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