Gabriele, due anni, soffocato e gettato nei rovi. I giudici salvano la madre “L’ha ucciso ma non è stata aiutata”

Lasciata sola dalle istituzioni” sono le parole dei giudici che hanno deciso di ridurre la condanna per la madre che ha ucciso il figlio, Gabriel Feroleto. “Non erano stati considerati i suoi disagi mentali“.

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di Donatella di Bona e di Nicola Feroleto, genitori del bambino ucciso. La donna è stata condannata a 16 anni di carcere, mentre il padre a 24 anni.

In un primo momento, però, Donatella era stata condannata a molti più anni. Riguardo alla precedente condanna ci sono informazioni contraddittorie: non è chiaro se fosse stata condannata all’ergastolo o a soli 30 anni di carcere. Ma al momento, quello che interessa veramente, è perché è stata ridotta la pena a questa madre “non madre”.

 

Secondo i giudici della Corte di Cassazione, Donatella di Bona, 28 anni, è stata “abbandonata” dalle istituzioni che non hanno considerato i suoi problemi di salute mentale. Le motivazioni hanno fatto discutere.

Era aprile 2019 quando Gabriel Feroleto, bambino di due anni e mezzo, fu soffocato dalla madre sotto gli occhi del padre. Anche il padre condannato in quanto non avrebbe fatto nulla per fermare la donna. Una terribile vicenda che sconvolse l’Italia e non solo il piccolo paese in provincia di Frosinone, dove si è compiuto l’omicidio.

Ma quale è stata la motivazione della madre che l’ha portata a compiere un omicidio così agghiacciante? I genitori, a quanto pare, si trovavano appartati in auto per un rapporto sessuale. In macchina appartati perché, nel frattempo, il padre aveva un’altra famiglia anche se aveva una relazione da tempo con Donatella di Bona. Durante il rapporto sessuale, il bambino, che si trovava sul sedile posteriore dell’auto, ha cominciato a piangere. Questo ha scattato l’ira della madre ed è lì che ha soffocato Gabriel. Il bambino fu poi lasciato fra i rovi.

La donna è stata lasciata sola dalle istituzioni nonostante tutti sapessero dei suoi disagi mentali. La Corte d’Assise d’Appello di Roma ha tracciato un quadro preciso della situazione in cui era stata lasciata Donatella Di Bona nelle motivazioni della sentenza che spiegano il perché la pena per aver ucciso il figlio le sia stata ridotta a sedici anni. Un quadro che la vede senza riferimenti familiari e sociali, ignorata nonostante tutti sapessero che stava combattendo contro demoni presenti nella sua testa.

Nelle motivazioni depositate dal giudice si legge: “Tra le righe della perizia emerge come a Donatella di Bona siano mancati i necessari interventi educativi, pedagogici e culturali, nonché vere figure di riferimento che avrebbero potuto aiutarla nel suo processo di crescita personale” .

La Corte ha riconosciuto alla donna le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, arrivando così a decidere di ridurre la pena.

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