Per far finire la guerra bisogna assassinare Putin, sarebbe un favore al mondo, dice il senatore statunitense

Un’affermazione molto forte e decisamente molto poco diplomatica da perte di un esponente politico. Il clima dilagante di russofobia rischia di creare ulteriori danni.

La guerra in Ucraina sta sconvolgendo il mondo intero. L’Italia – stando alle dichiarazioni dell’Onu – deve tenersi pronta ad accogliere centinaia di migliaia di profughi in fuga. L’Unione europea, al momento, sembra non avere un piano di redistribuzione preciso anche perché le persone in fuga aumentano di ora in ora. In tutto questo c’è chi propone di mettere in campo capacità diplomatiche mai viste prima e che, di contro, propone soluzioni estreme incitando alla violenza. “Il presidente russo Vladimir Putin andrebbe ‘assassinato dal suo stesso popolo” – a pronunciare questa frase decisamente poco diplomatica è stato  il senatore americano repubblicano della Carolina del Sud Lindsey Graham nel corso di un’intervista con  Fox News. Il senatore ha proseguito sostenendo che uccidere Putin è, a suo avviso, l’unico modo  per mettere fine alla crisi tra Russia e Ucraina: “L’unico modo in cui questo può finire è che qualcuno in Russia elimini questo tizio. Farebbe un grande servizio al suo paese e al mondo” – ha aggiunto Graham.

Ma non è tutto. Secondo il senatore il presidente Putin dovrebbe essere eliminato per mano del suo stesso popolo: una sorta di ghigliottina al re, come nella Rivoluzione francese. Affermazioni forti, nettamente in contrasto con il “politically correct” tanto sostenuto negli ultimi anni. Il senatore americano ha puntualizzato che se non uccideranno Putin vivranno per sempre nell’oscurità e nella povertà, emarginati dal resto del mondo. Purtroppo la russofocia sta dilagando. Il sindaco di Milano Beppe Sala ha messo al bando un direttore d’orchestra russo il quale si è rifiutato di prendere una posizione esplicita contro la Russia e contro Putin. Il musicista non potrà più esibirsi al teatro La Scala, il rinomato teatro dell’Opera del capoluogo lombardo. Anche l’Università Milano Bicocca aveva eliminato un corso su Dostoevskij salvo poi ripristinarlo ma chiedendo al professore di fare, parallelamente, anche un corso su degli autori ucraini. Alla fine il professore ha rinunciato non per questioni politiche o ideologiche ma semplicemente perché non esperto di letteratura ucraina.

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