Silvia, studentessa senza Green Pass, i compagni di corso “Fa solo la vittima”

Una lettera al Rettore contro Silvia Ramella Pezza, la studentessa bolognese senza il Green Pass. A scriverla i suoi stessi compagni, quelli che fino a poco tempo fa seguivano le lezioni insieme a lei.

Silvia Ramella Pezza Facebook

Silvia Ramella Pezza ha una ventina d’anni e una colpa: voler continuare a seguire le lezioni universitarie in presenza. Lezioni per le quali i suoi genitori, giustamente, hanno pagato le tasse. Silvia, però, non accetta di essere obbligata a fare ogni 48 ore un tampone per essere munita di Green Pass per entrare all’Università. Forse la sua famiglia non può neppure pagare un tampone ogni due giorni, questo non lo sapiamo. La giovane – iscritta alla facoltà di Filosofia presso l’Università Alma Mater di Bologna – ha atto molto parlare di sé nelle ultime settimane poiché in due occasioni ha provato ad entrare alla lezione di Psicologia Cognitiva senza il patentino verde. La prima volta la professoressa ha interrotto la lezione e i compagni di Silvia si sono accaniti contro di lei con insulti, minacce e sputi, secondo quanto dichiarato dalla studentessa. La seconda volta, invece, sono intervenuti i Carabinieri che hanno trascinato Silvia fuori dall’aula.

Ora i colleghi della ragazza – quegli stessi che, probabilmente, fino a giugno studiavano assieme a lei, erano suoi amici – hanno scritto una lettera al Rettore. Non per far riammettere la loro compagna alle lezioni. No: la lettera dei colleghi di Silvia ha toni di tutt’altro genere. Il loro scopo – scrivono – «Il nostro scopo, oltre quello di difenderci dalle calunnie che ci sono giunte, è quello di riprendere le lezioni in totale tranquillità. Siamo stati definiti una massa di addormentati mentali, antidemocratici, caproni, aggressori. Innanzitutto, noi siamo studentesse e studenti di Filosofia e ciò non significa che siamo sapienti, ma che siamo amanti del sapere. Non potremmo mai negare il diritto di un’altra persona a lottare per il proprio pensiero, tuttavia è necessario manifestare le proprie idee in un modo legittimo affinché non si metta a rischio la salute degli altri e i loro diritti».

Le minacce e gli insulti vengono negati dagli studenti: in effetti già la docente di psicologia Cognitiva li aveva negati. I ragazzi passano al contrattacco e accusano Silvia di averli messi a rischio non solo in termini di salute ma anche diffondendo dati sensibili attraverso i social nella lettera si legge: “Silvia denuncia fantasiose minacce, ma minaccia un ragazzo del corso che condivide le sue stesse idee e che ha deciso poi di dissociarsi dai mezzi con i quali vengono fatte valere. Si è presa la libertà di pubblicare dei messaggi scritti da alcuni colleghi senza nemmeno censurare delle loro informazioni personali come il numero di telefono… Silvia ha cercato di trarre il massimo vantaggio da una posizione di falso vittimismo, probabilmente senza accorgersi che la cicuta socratica non la sta bevendo lei, ma la sta facendo ingoiare a tutti i suoi colleghi, lentamente».

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