Silvia torna all’Università senza il Green Pass e per lei arrivano i Carabinieri

Silvia, la studentessa di Bologna senza Green Pass, nonostante gli insulti e gli sputi ricevuti dai compagni, è tornata all’Università per rivendicare il suo diritto di seguire le lezioni.

 

Sputi, insulti e minacce da parte dei compagni non hanno fermato Silvia Ramella Pezza, la studentessa “no Green Pass” iscritta alla facoltà di Filosofia all’Università di Bologna. La giovane è tornata in aula per rivendicare il suo diritto a seguire le lezioni, accompagnata da una ventina di studenti anche loro contrari alla certificazione verde. Ma anche questa volta è finita con una lezione interrotta dalla professoressa di Psicologia Cognitiva, Luisa Lugli. Tuttavia questa volta gli altri studenti hanno anche chiamato i Carabinieri. Dopo l’intervento delle Forze dell’Ordine, la lezione è ripresa poco dopo senza alcun problema. Silvia nei giorni scorsi aveva denunciato di essere stata insultata pesantemente dai compagni perché priva di “lasciapassare”. Tuttavia la sua versione, a stretto giro, era stata smentita dalla medesima professoressa Lugli la quale aveva negato che ci fossero stati insulti o aggressioni fisiche ma solo un pacifico scambio di opinioni. La professoressa ha inoltre precisato che, prima del giorno in cui scoppiò il caos per il Green Pass, non aveva mai visto Silvia al suo corso: “Mai vista a lezione, né prima né dopo. Non seguiva il mio corso. Almeno non in presenza

Nel frattempo la studentessa è diventata un bersaglio sui social, fatto questo denunciato anche dalla madre. “Si è sentita braccata. La professoressa le ha puntato il dito contro e adesso sui social si è scatenato il finimondo” – ha spiegato la donna. Solidarietà a Silvia è invece arrivata dal gruppo “Studenti Unibo contro il Green Pass“, i quali hanno spiegato che Silvia non è certo l’unica: sono migliaia gli studenti universitari esclusi dalla frequenza delle lezioni in presenza a causa dell’obbligo del Green Pass. Studenti – a loro dire – trattati come cittadini di secondo livello: esclusi da un’istituzione che – hanno scritto i ragazzi sui social – “dovrebbe essere inclusiva, indipendente, e che soprattutto dovrebbe rappresentare un luogo di tutela ed esercizio del pensiero critico. Ciascuno è chiamato a lottare per ristabilire un senso di comunità e reciproca solidarietà che da troppo tempo abbiamo perduto“.

 

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