Murales in onore di Ugo Russo, rapinatore di 15 anni, i giudici ordinano la rimozione

Dopo più di un anno dall’uccisione di Ugo Russo il Tar decide di respingere il ricorso portato avanti dal comitato “Verità e Giustizia per Ugo Russo” contro il Comune di Napoli.

Ugo Russo Murales
Murales di Ugo Russo / Facebook

Forse non tutti ricordano la storia di Ugo Russo, un ragazzo napoletano di 15 anni ucciso da un carabiniere fuori servizio mentre tentava di rapinalo; la triste vicenda avvenuta la notte del primo maggio 2020 non trova ancora oggi una conclusione, e mentre la famiglia e la comunità tutta aspettano ancora i risultati dell’autopsia per fare chiarezza sull’accaduto, nasce un comitato cittadino che scende in piazza per manifestare e per chiedere verità e giustizia. E sono proprio queste due parole, verità e giustizia, che figurano alla base del murales dipinto per onorare la sua memoria, presente in un vicolo di Montecalvario, nei Quartieri Spagnoli di Napoli; l’opera in questione ha sollevato sin da subito molte critiche ma ha anche risvegliato la comunità e riacceso il dibattito sulla criminalità organizzata e sulla necessità di allontanare i giovani da un universo così pericoloso e allo stesso tempo così idealizzato.

La decisione del Tar

In qualsiasi caso il Tar Campania  ha deciso di dare il via libera al Comune per la cancellazione del murales, rigettando il ricorso portato avanti dal comitato; la decisione nasce dal fatto che il dipinto sarebbe di fatto una “trasformazione fisica dell’immobile” che collide con le norme del piano regolatore per cui i palazzi pre-ottocenteschi possono essere soggetti solamente a lavori di restauro e ripristino. Una vicenda enigmatica questa in quanto il suddetto piano regolatore, con tutte le regole che lo compongono, non è stato citato in nessun altro caso del genere; il comitato ha infatti commentato la vicenda affermando che “è una sentenza pesantemente condizionata dal clima politico e diffamatorio: l’iniziativa dell’amministrazione è una censura politica travestita dai cavilli amministrativi per aggirare il dettato della Costituzione e di molte sentenze che vietano di entrare nel merito dell’interpretazione di un opera d’arte.” e aggiunge ” Il danno collaterale è che da oggi quasi tutta l’arte muraria del centro storico di Napoli (dal San Gennaro di Jorit a Banksy a quasi tutti i murales del rione Sanità di Bosoletti, Tono, Cruz ecc) uno dei patrimoni artistici di questo tipo in Europa, è di fatto qualificata come illegittima e abusiva perché ‘viola il piano regolatore'”. La notizia sconvolge più di quanto sembri in quanto durante i lavori di pittura del murales durati circa 11 giorni l’Amministrazione comunale aveva più volte dichiarato il suo benestare categorizzando il dipinto come “opera decorativa” e aveva più volte controllato i lavori stessi.

Una questione politica

Mentre la famiglia di Ugo e il comitato continuano comunque a combattere per il murales, a loro si oppongono le azioni del Comune, di cui si fa portavoce il consigliere regionale Emilio Borrelli, che poco fa ha affermato che “la famiglia potrà ricordare il ragazzo in privato e nella propria abitazione non di certo imporre al quartiere e alla città un modello di vita sbagliato e criminale finito purtroppo in modo tragico. Gli omaggi vanno fatti agli eroi napoletani e alle vittime della criminalità, non a questi soggetti”. Risulta a questo punto evidente che non si sta più parlando di una controversia amministrativa ma di una presa di posizione politica nei confronti di un simbolo, di una immagine che porta con se significati diversi e contrastanti e che sposta l’attenzione dall’uccisione di un ragazzo di 15 anni ad un tema sociale molto sentito in Campania quale la criminalità organizzata. La famiglia e gli amici di Ugo, insieme al comitato, hanno spesso affermato la loro fiducia nella Magistratura e hanno sempre dichiarato che il vero intento del murales è quello di sensibilizzare i giovani, “spaventarli” in modo tale che vedano la storia di Ugo come esempio da non seguire. Sulla vicenda si è espresso anche Alessandro Fucito, presidente del consiglio comunale di Napoli, affermando che “lo sberleffo di questa situazione è chi equipara questi comportamenti socialmente utili e preziosi alla Camorra” e aggiunge ” l’idea che la città sia così pacificata al punto che le argomentazioni siano quelle che si rivolgono alla ‘Napoli bene’, e non vi sia invece un’altra città che ha altri codici espressivi nessuno sembra intenderlo, e quindi sia più facile equiparare tutto e tutti indistintamente”. 

 

 

 

 

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