Reddito di Cittadinanza? Lo rifarei cento volte, dice Conte. E non vuole sentire parlare di referendum

Giuseppe Conte parla del reddito di cittadinanza, tema della sua campagna d’autunno. “Il M5S non alzerà bandiera bianca” e il leader è sicuro della sua scelta: “Lo rifarei non una, ma cento volte.”

Elisabetta Villa/Getty Images/ archivio

Come già noto, il presidente Mario Draghi rimarrà probabilmente in carica fino il 2023. Per far percepire la loro presenza, i leader dei partiti di maggioranza hanno bisogno di un cavallo di battaglia: il leader del Movimento 5 Stelle ha scelto il suo. Il reddito di cittadinanza per Conte “è un fatto di necessità oltre che di civiltà.” In un’intervista al Corriere della Sera si mostra agguerrito e irremovibile sull’argomento ed è più che convinto su questa misura, tanto che alla domanda se avesse qualche rimorso a riguardo risponde: “lo rifarei non una, ma cento volte, l’Italia sul Reddito di Cittadinanza non può più tornare indietro.”

I suoi rivali non sono d’accordo, ma secondo Conte fanno “demagogia” – come nel caso di Salvini – e l’iniziativa del centrodestra, spalleggiata da Italia Viva, secondo lui “non potrà avere successo” e ripete “perché il reddito di cittadinanza è un fatto di necessità oltre che di civiltà.” “Siamo stati gli ultimi in Europa ad avere introdotto questa misura che garantisce coesione e sicurezza sociale” spiega il leader grillino e si meraviglia per le decisioni prese dagli altri partiti di maggioranza: “Ma come fai ad avere 5 milioni di persone sotto la soglia di povertà e far finta nulla, io mi meraviglio di alcune forze politiche.”

Intanto Giorgia Meloni sui social scrive: “finalmente quasi tutte le forze politiche cominciano a darci ragione sul Reddito di Cittadinanza. La povertà si combatte creando posti di lavoro, non con l’assistenzialismo di Stato.” Conte però non ci sta e senza giri di parole le si scaglia contro “quelle forze politiche che difendono gli interessi di un oligopolio, ma si scagliano contro il reddito. Quando sento parlare di referendum mi arrabbio.” Ora l’ex inquilino di Palazzo Chigi, che si dice certo della sconfitta referendaria, deve nominare i nuovi organi del partito ed è bloccato, soprattutto sui tre che dovrebbero ricoprire il ruolo di vicepresidente. In testa i nomi di Luigi Di Maio, Chiara Appendino e Lucia Azzolina. Questa scelta di nomine interne probabilmente, dati i numerosi dubbi, potrebbe slittare a dopo le amministrative. 

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