“Vaccinare durante un’epidemia peggiora la situazione”, dice il professor Garavelli

L’Italia sta puntando moltissimo sui vaccini anti Covid per uscire dalla pandemia. Ma secondo alcuni esperti questa non è la strada migliore.

covid garavelli
Getty Immages/Aizar Raldes

L’Italia sta puntando moltissimo sui vaccini per uscire dall’incubo del Coronavirus. Rispetto ad altri Stati siamo molto indietro: nel nostro Paese, al momento, poco più di due milioni di cittadini sono stati vaccinati; in Gran Bretagna sabato 20 marzo metà della popolazione adulta aveva ricevuto almeno la prima dose. La speranza è vaccinare tutti entro l’estate e, per questo, è stata accolta con favore la riabilitazione del vaccino di Oxford AstraZeneca da parte dell’Aifa che lo aveva sospeso, in via precauzionale, per qualche giorno in seguito ad alcuni decessi avvenuti dopo l’iniezione del siero. A differenza della Francia, dove il vaccino anglo svedese può essere inoculato soltanto a soggetti over 55, in Italia non sono stati posti limiti.

Tuttavia, secondo il professor Pietro Luigi Garavelli – primario della Divisione di Malattie Infettive dell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara – questa non è proprio la strada migliore per uscire il più in fretta possibile dal tunnel del Covid. Tutt’altro. Secondo l’esperto vaccinare in piena pandemia non farà altro che prolungarla. Lo scienziato ha spiegato: “Non si vaccina mai durante un’ epidemia. Perché il virus reagirà mutando, producendo varianti e sarà sempre più veloce di noi. Con un virus RNA o si trova un denominatore comune su cui montare il vaccino o, facendo vaccini contro le spike che mutano, non hai speranza di arrivare prima di lui. Lo rincorreremo sempre”. In pratica più noi corriamo con i vaccini più il Covid muta rapidamente. E le mutazioni non rispondono ai vaccini attualmente approvati dall’Agenzia europea del Farmaco. Tant’è che numerosi sono i casi di soggetti che hanno contratto una variante del virus anche dopo aver ricevuto entrambe le iniezioni vaccinali.

Che fare allora? Proseguire con lockdown, chiusure, zone rosse? Assolutamente no, secondo il professor Garavelli. Anche sotto questo aspetto il medico va controcorrente rispetto a molti suoi colleghi che ritengono il lockdown uno strumento utile ed efficace per abbassare i contagi. Lo scienziato prosegue: “Allo stato attuale delle cose quando il virus è ormai endemico, un lockdown funzionerebbe se ad esempio avvenisse nello stesso lasso temporale in tutto il mondo e si vaccinassero contestualmente le persone con un vaccino risolutivo”. Ma – a detta del medico – i vaccini di cui al momento disponiamo non solo non sono risolutivi ma, anzi, se somministrati in questa fase sono addirittura controproducenti. Per Garavelli chiudere la società a tratti – come il Governo del premier Mario Draghi sta facendo sull’onda del precedente Esecutivo – non ha alcun senso. E siccome – secondo il medico – ci vorranno forse anni prima che il Covid perda la sua virulenza, l’unica soluzione è imparare a conviverci nel rispetto delle misure prudenziali. La posizione del professor Garavelli si allinea a quella di alcuni studiosi americani le cui ricerche sono state recentemente pubblicate sulla nota rivista Science. Secondo questi scienziati – delle Università di Atlanta e della Pennsilvanya – i lockdown sarebbero non solo inutili ma finirebbero con il ritardare la fine della pandemia poiché non permetterebbero mai al virus di circolare e, dunque, di diventare endemico e meno aggressivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

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