Roberto decide di morire, la madre non si oppone e aspetta che sia tutto finito

Roberto Sanna, 34 anni di Pula, in Sardegna, è morto in Svizzera con il suicidio assistito dato il decorso rapidissimo della malattia e la prospettiva di una vita di immobilità legata ad un respiratore. Accompagnato dalla famiglia, ha salutato gli amici per un ultima volta dirigendosi all’aeroporto di Cagliari verso la clinica svizzera.

Getty Images/Sean Gallup

Dopo la diagnosi di Sclerosi Laterale Amiotrofica, Roberto Sanna pensava che fosse una malattia con la quale poter convivere, camminava con una stampella e parlava della situazione serenamente. Ma nel giro di pochi mesi la situazione è degenerata tragicamente costringendolo a letto e dipendere totalmente dagli altri. Una situazione che Roberto ha deciso di non sopportare oltre, e che quella che si prospettava per lui, non era vita. In totale autonomia e serenità ha deciso quindi di prendere contatto con la clinica privata e con l’agenzia funebre per il suo ‘ritorno’ a Pula. Informando solo successivamente la famiglia che ha rispettato con dolore la sua decisione. La madre Martina, la compagna Gioia, il fratello Andrea e lo zio Aldo hanno deciso di  accompagnarlo e stare al suo fianco durante le sue ultime ore.

Stretti nel dolore gli amici ed i parenti non hanno rilasciato nessuna dichiarazione, a parlare è stata la sindaca di Pula Carla Madeu al Corriere della Sera: “Per me è un momento di grande dolore per un fatto così privato e intimo di fronte al quale bisogna porsi con rispetto, senza pregiudizi né giudizi che non servono a nessuno. Penso solo che sia bene stare vicini alla famiglia con amore, pregare, comunque s’intenda la preghiera: è un momento molto difficile”. Il giovane 34enne ha dato la notizia della sua partenza anche al parroco Don Marcello Loi che non si è espresso in merito alla questione, ma che ha dichiarato che durante la loro telefonata, Roberto non gli sembrava spaventato o troppo preoccupato.

Si è espresso invece Marco Cappato, esponente dei Radicali e dell’Associazione Luca Coscioni, che nel 2017 ha rischiato 12 anni di carcere per aver accompagnato in una clinica per il suicidio assistito, Fabiano Antoniano, per le cronache DJ Fabo. “Se è dovuto andare in Svizzera per ottenere ciò che chiede, la responsabilità è del Parlamento italiano, che ancora disattende la richiesta della Consulta di legiferare sulla materia”. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 242 del 2019 stabilì infatti la “non punibilità di chi aiuta una persona a suicidarsi quando questa è affetta da una patologia irreversibile con gravi conseguenze ed è in grado di manifestare una volontà libera e autonoma” ma il Parlamento non ha mai legiferato in materia. Probabilmente bloccato dalle opposizioni cattoliche per le quali non esiste un diritto a morire e la minaccia di appellarsi all’obiezione di coscienza, rifiutandosi di seguire le indicazioni di chi lucidamente sceglie di porre fine alla propria vita.

La scelta di Roberto Sanna ha riaperto il dibattito, mai concluso, sul tema del ‘fine vita’ e sul fatto che il 34enne lo abbia dovuto fare fuori dal suo paese. Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale, che ha di fatto legalizzato, sempre con determinate condizioni, il suicidio assistito in Italia, rimane infatti un vuoto normativo. Roberto ha  scelto lucidamente di morire tramite il suicidio assistito, dove è del paziente la responsabilità dell’atto finale, a differenza dell’eutanasia. Una volta arrivato alla clinica ha effettuato l’ultimo colloquio con lo psicologo ed ha attivato l’iniezione letale. Concludendo quello che lui ha chiamato, il suoviaggio della salvezza”.

 

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