Covid, 2 miliardi di guadagni illeciti mentre la gente moriva. 20 inchieste cercano la verità

Intermediazioni pagate a peso d’oro, reparti attrezzati e mai aperti, conflitti d’interessi: il business della pandemia scuote il Paese con oltre 20 inchieste aperte dalle Procure di tutta Italia. 

Il business della pandemia
Marco Di Lauro/Getty Images

 

Il lato nascosto dell’emergenza sanitaria, l’Italia ha cominciato a scoprirlo presto, prestissimo: addirittura un anno fa. Tanto è passato da quando a Nichelino, non lontano da Torino, la Guardia di Finanza scoprì la prima tangente ad un funzionario del Comune, più o meno mentre a Bergamo – a 200 chilometri di distanza – la drammatica immagine dei camion dell’esercito che trasportavano fuori città le salme delle vittime riempiva di dolore tutto il Paese.

Il business della pandemia

E’ stato così da subito, dal primo momento: da una parte la battaglia di chi lotta contro il virus, faticando e rischiando la vita; dall’altra chi specula, trama, lucra: il business della pandemia. Reparti allestiti e poi mai aperti, conflitti di interesse, forniture false e ordinate a vuoto. Il materiale che le Procure di tutto il Paese hanno raccolto in questi drammatici 12 mesi è sconcertante. Almeno 20 le inchieste aperte: Milano, Roma, Napoli, Torino, Bari, Reggio Calabria, Prato, Messina, Trani: da Nord a Sud, i magistrati controllano gli affidamenti di Comuni, Asl e Regioni, per un giro d’affari di almeno due miliardi di euro, secondo i calcoli delle Fiamme Gialle.

La Lombardia

Il saccheggio della sanità – filo conduttore della storia del nostro Paese e, ora che la pandemia pompa nella macchina più soldi, più redditizio che mai – non è certamente finito. Iniziato un anno fa dura ancora oggi, mentre la battaglia contro il Coronavirus rimane da vincere. Alla fine di febbraio 2020, Aria Spa – la centrale acquisti di Regione Lombardia – dopo aver scoperto di essere a corto di dispositivi di protezione per medici e infermieri, cominciava ad acquistare qualsiasi cosa ricorrendo a procedure d’emergenza: 457 affidamenti diretti, 430 milioni di euro spesi senza farsi troppe domande.

Tra tutte queste operazioni, almeno otto non sono andate a buon fine, producendo un danno per l’erario: ci sono i casi della Enuma Ltd e della Sunflower Ltd. Poi c’è Surgimil Medical Systems Private Limited, società indiana nata poco più di due anni fa che si occupa della produzione di lettini sanitari. Quelli arrivati in Italia, però, erano inutilizzabili perché privi di qualsiasi certificazione. L’attenzione della Procura del capoluogo Lombardo è rivolta anche verso la Eclettica di Turbigo, di Fabrizio Bongiovanni: l’imprenditore, da Aria, aveva ricevuto 10 milioni di euro in cambio della promessa di fornire dispositivi di protezione arrivati soltanto in parte.

A questo si aggiungono i casi di Vivendo Pharma e Fitolux Pro – i cui amministratori sono accusati di frode nelle forniture pubbliche per essersi fatti pagare più di 7 milioni di euro per 2 milioni di mascherine mai consegnate – e di Dama spa, la società appartenente al cognato del Governatore Attilio Fontana. Dama aveva ottenuto la famosissima fornitura di camici repentinamente trasformatasi in donazione una volta emerso il conflitto d’interessi e per la quale il Presidente della Regione è indagato per frode insieme al cognato e all’ex ad di Aria.

Le inchieste di Roma

L’Autorità Nazionale AntiCorruzione, analizzando gli acquisti portati a termine dalle Regioni e dalle Asl, ha scoperto che, in alcuni casi, uno stesso oggetto è stato pagato fino a 400 volte di più da una Regione all’altra: ci sono le visiere – costate 1.40 euro a Reggio Calabria e 12,23 euro a Trapani – e i respiratori – con lo stesso modello pagato mille euro a Ferrara e quasi 40 mila a Bologna. E gli esempi da citare sarebbero numerosissimi.

Su un binario parallelo corrono le inchieste dalla Procura di Roma sulle forniture della Protezione Civile e del Commissario straordinario Domenico Arcuri. Nel primo caso, sotto la lente degli inquirenti c’è l’acquisto di mascherine non conformi importate – pagando in anticipo – dall’ex Presidente della Camera Irene Pivetti; nel secondo, il pm Paolo Ielo è risalito ad una maxi fornitura di mascherine cinesi acquistate dalla struttura commissariale per 1,25 miliardi e capaci di fruttare ad un gruppo di imprenditori un guadagno di 72 milioni di euro per l’opera di mediazione svolta: uno di questi è stato arrestato nei giorni scorsi, gli altri tre – tra i quali Mario Benotti, ex giornalista Rai e uomo di fiducia di Arcuri – interdetti: “Speriamo in un nuovo lockdown“, dicevano, intercettati.

La Campania

La lista di vicende oscure sembra infinita: c’è il lavoro del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e ci sono le attenzioni della magistratura napoletana su Enrico Coscioni, plenipotenziario della sanità campana e stretto collaboratore del Governatore Vincenzo De Luca: uomo per tutte le stagioni e dagli infiniti incarichi, Coscioni è finito tra gli indagati, con il sospetto di turbativa d’asta, in qualità di membro del Consiglio di amministrazione di Ebris, la Fondazione internazionale per la ricerca destinataria di contratti e adesso finita sotto i riflettori dei pm. Insieme a lui, tra gli indagati, anche un altro fedelissimo del Presisente: Luca Cascone, consigliere regionale che, durante la fase più acuta dell’emergenza, pur non ricoprendo formalmente alcun incarico in seno all’unità di crisi, mise in contatto la centrale regionale per gli acquisti Soresa con possibili fornitori di mascherine, ventilatori polmonari e altro materiale ritenuto utile ad affrontare l’epidemia.

Ci piacerebbe poter dire che le inchieste sono finite, ma non è così: da Nord a Sud, dalle mascherine farlocche ai reparti fantasma, il business della pandemia pare non avere fine.

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