Mi metterei in lockdown e starei in silenzio ma quello che sta per accadere è preoccupante, dice Massimo Galli

Dopo le polemiche per le sue recenti dichiarazioni, l’infettivologo Massimo Galli risponde alle critiche: “Penso a lockdown personale, vorrei rimanere in silenzio per 2 o 3 settimane“. 

"Tentato da lockdown personale", dice Massimo Galli
Massimo Galli/Miguel Medina/Getty Images

Dopo le polemiche nate dalle sue dichiarazioni dei giorni scorsi – smentite poi dalla direzione sanitaria dell’Ospedale Sacco di Milano – sulla allarmante situazione dei reparti Covid nella struttura in cui lavora, l’infettivologo Massimo Galli ha paralto, nel corso di un’intervista rilasciata alla trasmissione tv Otto e Mezzo, in onda su La7, della sua grande esposizione mediatica negli ultimi mesi. Un protagonismo che ha attirato sul medico non poche critiche, anche per via delle sue posizioni sempre orientate verso un approccio di grande prudenza e rigore rispetto alle esigenze di contenimento dei contagi da Covid.

E se in molte occasioni l’infettivologo ha, in questi mesi, invocato severe restrizioni da parte del Governo per raffreddare la curva epidemiologica, ieri sera Galli ha raccontato di aver pensato ad un lockdown personale, fatto di silenzi e assenza da tv e media: “Sono stato tentato di fare il mio personalissimo lockdown e di rimanere in silenzio per 2-3 settimane. Se non fosse che in questo momento siamo in una congiuntura particolarmente seria e preoccupante“, ha affermato il responsabile del reparto di malattie infettive del Sacco.

E nonostante sia evidente come, in un anno di pandemia, la presenza televisiva del dottor Galli – così come di numerosi suoi illustri colleghi – sia cresciuta esponenzialmente, l’infettivologo sottolinea come in realtà sia lui stesso a rifiutare gran parte degli inviti che riceve: “Declino i quattro quinti delle richieste, pare che tutti abbiate bisogno di riempire i palinsesti e insistiate per avere determinate voci, alcuni per fare corrida e altri per fare informazione seria“, ha spiegato a Lilli Gruber.

Galli, al di là delle allusioni al lockdown personale, rivendica una coerenza di fondo avuta nell’arco di questi 12 mesi nell’esprimere le proprie posizioni: “Credo di essere sempre stato coerente nelle posizioni che ho portato e molte cose che ho preconizzato si sono avverate“, ha fatto notare. “Quello che posso dire è: stiamo attenti in questo momento“, ha ammonito l’infettivologo, preoccupato per la crescita dell’incidenza delle varianti virali sul totale dei casi registrati in Italia. Fondamentale sarà, secondo il primario, la rapidità nel portare avanti la campagna vaccinale: “Se quello che è stato programmato con tutta l’Europa non si verifica, siamo in un grosso guaio“, ha spiegato Galli riferendosi ai ritardi nelle consegne di vaccini da parte delle case produttrici Pfizer e AstraZeneca.

E proprio per prepararsi all’ipotesi che l’approvvigionamento di trattamenti vaccinali non sia sufficiente nei prossimi mesi, Galli invita il Paese a prepararsi “una exit strategy che ci garantisca alternativa“. In questo senso, il primario ritiene valida solo in parte la proposta avanzata da alcune Regioni, che ipotizzano di sfruttare alcune aziende locali per implementare la produzione di dosi di vaccino: “Sarebbe un piano B ma non sarebbe rapido. La produzione del vaccino non si allestisce in due minuti, gli impianti non sono semplici da mettere in piedi da un giorno all’altro. In ogni caso bisogna cominciare a pensarci. E, anzi, bisognava farlo prima“, ha concluso Galli.

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