Il M5S dice di essersi già pentito del sì: “E’ un suicidio governare con certa gente””

Si allarga sempre di più la spaccatura nel Movimento 5 Stelle, dove monta la rabbia per il Governo Draghi, in cui i Ministeri di maggior peso sono stati affidati ad altre forze politiche. 

Il M5S si spacca, in quaranta pronti a dire no a Draghi
Beppe Grillo/Filippo Monteforte, Getty Images

Il terremoto che scuote dall’interno il Movimento 5 Stelle sembra essere solo all’inizio. La presentazione della squadra di Governo da parte del Premier Mario Draghi ha fatto sì che alle tensioni interne tra favorevoli e contrari al sostegno al Governo dell’ex Presidente della Bce si aggiungesse la rabbia per il poco spazio – e il poco peso, soprattutto – riservato al Movimento nel momento della scelta dei Ministri: quattro caselle, non di primissimo piano e non di spesa. Troppo poco, a giudizio di tutti gli eletti 5 Stelle, per la forza politica maggiormente presente in Parlamento. E così mentre la fronda di chi potrebbe votare “no” alla fiducia si allarga, ecco che vengono a crearsi altre due categorie nella galassia dei grillini arrabbiati: quella di chi potrebbe decidere di astenersi, per non dare il proprio sostegno al Governo ma non rischiare, al tempo stesso, l’espulsione e quella di chi, pur votando sì, non fa nulla per nascondere il proprio malcontento.

Anche perché i due Ministri “esterni” inseriti da Draghi – Cingolani alla Transizione Ecologica e Giovannini ai Trasporti – non scaldano particolarmente la delegazione 5 Stelle: lì avrà pure suggeriti Beppe Grillo, come circola tra i corridoi del Movimento – ma uno “andava alla Leopolda” e l’altro “era Ministro con Enrico Letta. In pratica abbiamo scelto due del PD“, spiega un importante esponente del Movimento.

Due scelte che però, almeno ufficialmente e almeno per il momento, vanno difese. Compito del bersagliatissimo reggente Vito Crimi – obiettivo della rabbia di gran parte dei suoi colleghi per la gestione complessiva della crisi: “Prima dicevamo di volere dei tecnici di valore, ora che li abbiamo dite che erano meglio i politici?“, domanda provocatoriamente agli scontenti. Senza però convincere più di tanto: le contestazioni nei suoi confronti sono tante e riguardano tutti i passaggi politici degli ultimi mesi e la fronda di chi ritiene che il sostegno a questo Governo rappresenti una sorta di de profundis per il Movimento si allarga. All’ex Ministro Barbara Lezzi, convinta che il voto su Rousseau vada rifatto, si aggrega Bianca Laura Granato, secondo la quale il quesito “era fuorviante, una presa in giro!“. Ma anche un big come Nicola Morra va all’attacco con un su Facebook in cui fa saper di non accettare “un Governo che mi sembra essere Jurassic Park, con il recupero di mostri che hanno popolato il passato“, mette in guardia il senatore prima di affondare il colpo su Forza Italia: “In questa Maggioranza c’è una forza politica che è nata anche grazie a uomini che avevano relazioni con Cosa Nostra, il rinvio è esplicito a Marcello Dell’Utri“, affonda Morra.

Ma oltre ai duri e puri, oltre a quelli che rimpiangono il Movimento ribelle delle prime ore e oltre a quelli che hanno nostalgia del Conte1, vanno iscritti alla lista degli scontenti i fedelissimi tout court dell’ex Premier che, pronti a seguirlo in ogni battaglia – e viste le due esperienze precedenti anche in ogni Maggioranza -, si sentono ora orfani del loro punto di riferimento. E’ il caso di Emanuele Dessì: “Quando è troppo è troppo“, taglia corto. Arrabbiato anche uno dei moderati del Movimento come Dario Violi, che si domanda “chi diavolo prenda le decisioni“. Come se non fosse di tutta evidenza: un manipolo di persone tra Roma e Milano; il resto della ciurma è chiamata fondamentalmente a eseguire e Rousseau ad apporre il timbro, sempre più sbiadito, della “democrazia diretta“.

Insomma, il malcontento monta tra le file del Movimento. Ma la domanda a questo punto è: quanti saranno, la prossima settimana, a chiamarsi fuori, non confermando con un voto il proprio sostegno a Draghi? C’è chi ipotizza addirittura una quarantina di frondisti, chi si ferma molto più in basso, verso i venti – gli stessi, su per giù, già pronti alla rottura  qualche settimana fa. Grillo prova a tenere insieme i cocci di un Movimento spaccato e rilancia: c’è da decidere da che parte stare, tuona. Ma la possibilità che tra i 5 Stelle tutti decidano di stare dalla stessa sembra, ad oggi, un miraggio.

 

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