Conte deve trovare 161 voti in Senato. E’ sicuro di averne 156 e il Quirinale potrebbe dire basta così

Al Senato rimangono in bilico i numeri sulla nuova Maggioranza a sostegno del Governo di Giuseppe Conte. Dal Quirinale un messaggio chiaro: serve una coalizione solida. 

Governo, Mattarella chiarisce: Maggioranza solida o Conte dovrà dimettersi
Giuseppe Conte/Andrew Medichini, Getty Images

La maggioranza relativa non basta. I numeri, da soli, non saranno ritenuti sufficienti dal Quirinale, che per dare il via libera ad una nuova Maggioranza – nella quale i responsabili dovrebbero prendere il posto dei renziani – pretende di più: una “praticabilità parlamentare” che permetta al Governo – che sia quello in carica o che sia un Conte ter – di agire in modo efficace, contando su basi solide, senza il rischio quotidiano di sgambetti o voti che vengono a mancare. L’Esecutivo dovrà essere in grado di agire nel pieno delle sue funzioni: dal Consiglio dei Ministri all’Aula, passando per il crocevia delicatissimo delle Commissioni, dove pure si gioca una battaglia dall’esito incerto.

La posizione del Presidente Mattarella sembra chiara: ben venga la conferma di Conte, ma solo a condizione che vi siano garanzie sulla possibilità di arrivare in fondo alla legislatura. Ritrovarsi, tra pochi mesi, in una nuova crisi sarebbe insopportabile. E senza solide basi parlamentari, qualsiasi votazione in cui sia richiesta una maggioranza qualificata potrebbe trasformarsi in un rischio per il Governo, esposto ad agguati, ricatti, interessi incrociati e contrapposti.

Gli ultimi numeri continuano a lasciare in bilico il Senato, dove la Maggioranza a sostegno del Premier non raggiungerebbe la fatidica cifra di 161 voti a favore. Il pallottoliere è fermo a 156, forse ancora meno: si parla di 152 voti certi –  non abbastanza per il Quirinale. Certo, regolamento alla mano basterebbero per garantire un voto di fiducia – contro il quale il Colle non potrà opporre giudizi ostativi. Ma la questione politica è evidente. Italia Viva ha annunciato che si asterrà, in caso di verifica della fiducia al Governo, garantendo in entrambi i rami del Parlamento un margine tra i favorevoli ed i contrari: ma quanto durerà? Renzi non ha fretta di tornare alle urne, ma l’astensione dei suoi non può essere data per scontata in futuro, quando il peso della delegazione di fedelissimi dell’ex sindaco di Firenze potrebbe tornare ad essere decisivo come nell’anno e mezzo del Conte bis e nella genesi della crisi.

Se a questo si aggiunge che i nuovi confini della Maggioranza appaiono legati al supporto di non meglio identificati “responsabili“,  le preoccupazioni di Mattarella tornano a farsi concrete. I nuovi membri della Maggioranza, secondo il Colle, dovranno costituire un gruppo parlamentare, così da rendersi chiaramente riconoscibili. L’unica alternativa, comunque non la strada preferita dal Quirinale, è un loro passaggio nel Misto. Se così non fosse, Conte sarebbe chiamato a salire al Colle, dimissioni alla mano. L’indebolimento della coalizione di Governo è lampante, l’obiettivo è assorbirlo con sostituzioni di lungo periodo: mettere a sistema la nuova Maggioranza, renderla un’unione politica e non soltanto un insieme di voti.

Quel che alla presidenza della Repubblica si intende evitare è una nuova crisi che potrebbe arrivare tra qualche mese alla vigilia del semestre bianco, quando sarà impossibile procedere allo scioglimento delle Camere. Per questo il Premier è al lavoro per costituire intorno alla nuova Maggioranza un programma che punti alla fine della legislatura e che definisca stabilmente i confini di quella che dovrebbe essere la coalizione che tornerà ad affrontare nelle urne il Centrodestra. E proprio questa leva – l’inserimento nelle liste elettorali che verranno – può rappresentare un fattore decisivo nel corteggiamento dei senatori mancanti per raggiungere quella praticabilità parlamentare richiesta dal Quirinale.

 

 

 

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