Il premier Conte cerca dieci voti per la fiducia, ed i senatori a vita possono essere decisivi

Mancano una decina di voti a Giuseppe Conte per raggiungere, in Senato, la maggioranza assoluta di 161 voti a sostegno del suo Governo, ritenuta la quota politica necessaria per proseguire. 

Tra renziani indecisi e grillini di ritorno, Conte a caccia di dieci voti
Giuseppe Conte/Francisco Seco, Getty Images

C’è un punto di riferimento, una obiettivo, un numero: 161. Quella dev’essere, come minimo, la destinazione finale dell’opera di persuasione che, in Senato, sta guidando gli ambienti vicini al Premier Giuseppe Conte nella caccia ai nuovi responsabili utili a mandare avanti l’Esecutivo dell’avvocato. Si tratta di quella che si definisce una quota politica, un numero magico che garantisce la sopravvivenza, la maggioranza assoluta calcolata considerando la presenza in Aula dei Senatori a vita. Il regolamento, di per sé, richiede soltanto la maggioranza relativa, capace ad approvare di volta in volta i vari provvedimenti e tirare a campare. Ma è chiaro che un avvio come questo, con un pallottoliere sempre a rischio di conti che non tornano, non sarebbe il miglio viatico per cominciare. Tanto meno in una fase in cui il Covid alza ulteriormente il rischio che possano esserci assenze pesanti in momenti cruciali.

Sulla carta, Conte può contare sull’appoggio di 151 Senatori, dieci in meno rispetto all’agognata quota 161. Il risultato arriva dalla somma dei voti in Aula del Movimento 5 Stelle, rappresentato da 92 Senatori, del Partito Democratico, con 35 Senatori, oltre ai 5 voti di Leu, ai 6 delle Autonomie e di altri 9 rappresentanti che militano attualmente nel gruppo Misto – Buccarella, Cario, De Bonis, Di Marzio, Fantetti, Fattori, Lonardo, Merlo e Ruotolo. Dato per certo anche l’appoggio dell’ex grillino De Falco e di Tommaso Cerno – eletto con il PD, in passato vicino anche ad Italia Viva. Sommando il voto favorevole di due senatori a vita – Mario Monti ed Elena Cattaneo – ecco che si arriva ai 151 voti favorevoli al Governo in Senato. Da Palazzo Chigi trapela grande fiducia circa l’opportunità che martedì, quando lo scontro tra Conte e Matteo Renzi arriverà a Palazzo Madama, i dieci voti mancanti per raggiungere la quota politica di 161 favorevoli possano improvvisamente materializzarsi. Sotto osservazione, in questo senso, anche altri Senatori a vita: dall’ex Presidente Giorgio Napolitano a Renzo Piano, passando per Carlo Rubbia e Liliana Segre, solitamente schierati con i loro voti a sostegno del Governo ma non sempre presenti in Aula.

Importante sarà anche l’eventuale costituzione di un nuovo gruppo parlamentare a sostegno di Conte. Un passaggio non secondario, perché rappresenterebbe chiaramente che ci si trovi di fronte ad una nuova Maggioranza politica e non soltanto numerica. Un elemento su cui, da quanto trapelato, anche il Quirinale insiste con una certa attenzione. Una soluzione pratica sarebbe già stata trovata, facendo confluire i nuovi “costruttori” nel Maie – che rappresenta, sostanzialmente, il gruppo degli eletti all’estero e dove si trovano attualmente quattro senatori passati nel gruppo Misto. Le trattative con i singoli rappresentanti sono in corso e si starebbero concentrando soprattutto sugli ex grillini: Tiziana Drago, Marinella Pacifico, Lello Ciampolillo, Carlo Martelli. Ma fanno gola ai pontieri della Maggioranza anche i renziani indecisi, quelli che alla fine potrebbero decidere di non seguire il leader nello strappo e rimanere a sostegno dalla Maggioranza che sono in procinto di lasciare. E se è quasi certo che questo sia il destino di Riccardo Nencini – titolare per altro del simbolo del Psi che ha permesso ad Italia Viva di costituirsi in gruppo parlamentare – almeno altri 5 Senatori – Carbone, Comincini, Grimani, Conzatti e Vono – sarebbero quanto meno in dubbio sulla scelta finale.

A fine dicembre, in occasione dell’ultima fiducia – votata per approvare la Legge di Bilancio – la Maggioranza aveva avuto l’ok da 156 favorevoli, con 124 contrari e nessun astenuto. Ma in quell’occasione gli assenti erano numerosi, molti dei quali anche per ragioni strategiche decise proprio in Maggioranza. Tornando un po’ più indietro, il secondo Governo Conte ottenne la fiducia di Palazzo Madama il 10 settembre 2019 con 169 sì, 133 no e 5 astenuti. Numeri larghi che ora sembrano soltanto un miraggio, o un lontano ricordo. Eppure anche in questi giorni, di frenetici contatti e trattative su tutti i fronti, tra coloro che tessono la trama contiana c’è chi garantisce che la nuova Maggioranza possa assestarsi su cifre di quel tipo: “vedrete che si arriva a 167-168 Senatori“, ripetono i più spavaldi.

Difficile fare previsioni in questo momento, la certezza è che la quota di 161 appare una soglia al di sotto della quale sarebbe davvero un problema fermarsi: osservando i precedenti viene in mente quello del 2011, con Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi e Giorgio Napolitano al Quirinale. Dopo un voto parlamentare sul rendiconto in cui l’Esecutivo non ottenne, alla Camera, la maggioranza assoluta, il Premier fu convocato al Colle e, poco dopo, si dimise perché il Governo zoppicava troppo per poter andare avanti. Certo, il contesto era diverso da oggi, ma la sostanza rimane per molti versi simile: sotto quota 161, non si può andare lontano.

 

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