Conte non si rassegna ad andarsene da Palazzo Chigi, e lavora al prossimo Dpcm

Alla fine, la crisi di Governo si è aperta ufficialmente. Il Premier Conte, furioso nei confronti di Matteo Renzi, lavora adesso ad un piano che possa dargli l’opportunità di restare a Palazzo Chigi. 
Aveva tentato un ultimo, disperato tentativo di ricomposizione. Dopo le polemiche, le liti, le accuse incrociate e dopo quella sorta di ultimatum lanciato due giorni fa – “se fa cadere il Governo, Italia Viva non siederà mai più al tavolo della Maggioranza” – ieri il Premier aveva cercato di ripresentarsi con un ramoscello di ulivo agli occhi di Matteo Renzi: messaggi distensivi, tutti rivolti all’auspicio di una mediazione possibile. Dopo l’incontro con il Presidente della Repubblica, il Capo del Governo aveva tentato – credendola  possibile – la strada della ricomposizione. E così quando, poco dopo le 18, in una conferenza stampa – show Matteo Renzi ha confermato quanto era sembrato ormai certo, cioè le dimissioni dei tre componenti di Italia Viva del Governo – la rabbia ha assalito il Premier.
Furioso: è così che viene definito Conte da fonti di Palazzo Chigi. Come, per la verità, gran parte dei componenti di una Maggioranza che attualmente non esiste più. “Italia Viva si è assunta la grave responsabilità di aprire la crisi in piena pandemia, arrecando un grave danno al Paese“, sottolinea durante il Consiglio dei Ministri straordinario convocato in serata. E adesso qualsiasi mediazione è saltata. Il Premier non vuole più confronti, trattative, tavoli aperti con chi, dal suo punto di vista, ha fatto saltare il banco. Ritiene Renzi un avversario, un politico inaffidabile che ha distrutto una coalizione, per di più utilizzando toni che l’avvocato ha percepito come “inaccettabili“.
Ma cosa succede, adesso? L’opzione più probabile, in questo momento, è che la crisi venga portata in Parlamento. Ma non subito. Conte vorrebbe guadagnare qualche giorno, congelare la situazione per al massimo una settimana, durante la quale far approvare quello scostamento di bilancio che dovrà finanziare il quinto Decreto Ristori – e su cui Italia Viva ha già chiarito che voterà a favore. Solo dopo questo passaggio, il Premier vorrebbe presentarsi in Aula per il confronto finale con l’ex sindaco di Firenze: un faccia a faccia in Senato, davanti a tutta Italia. L’occasione per affibbiare a Renzi le responsabilità della crisi. E per spaccare in due l’Aula: arrivare al dramma per polarizzare le posizioni. E magari far emergere quella zattera – o quella scialuppa, nella migliore delle ipotesi – di responsabili pronti a tenerlo a galla. Qualcosa, in questo senso, sembra muoversi già, visto che ieri sera alla Camera erano aperti i lavori per la nascita di un nuovo gruppo parlamentare di appoggio al Presidente del Consglio. Qualcosa che Conte si augura possa accadere anche al Senato, vero punto debole della sua Maggioranza che non c’è.
Fondamentali saranno anche le valutazioni del Quirinale, chiamato a gestire una crisi al buio in una fase estremamente delicata per il Paese. Il Capo dello Stato ritiene la soluzione dei “responsabili” poco affidabile e dagli esiti troppo incerti. Una nuova maggioranza – estemporanea per composizione e modalità di formazione – rimane un’opzione non particolarmente gradita a Mattarella, che mette in guardia Conte: se il Premier deciderà di andare alla conta in Aula, soltanto la formazione di gruppi parlamentari apertamente schierati in suo favore potrà essere vista di buon occhio dal Quirinale. Non ci gira intorno, il Presidente della Repubblica: per avere un nuovo incarico, quindi, Conte dovrà avere dalla sua numeri certi.
Ed è proprio su input del Capo dello Stato che, appena uscito dal Quirinale, Conte aveva tentato per l’ultima volta la via della pace con Matteo Renzi: Mattarella non ha apprezzato la forzatura messa in atto dal Premier due giorni prima – “un atto difensivo“, si è giustificato l’Avvocato – e ha invitato il Presidente del Consiglio a provare a ricucire lo strappo in extremis. Allo stesso obiettivo lavoravano, sin dalla serata di due giorni fa, i mediatori PD Andrea Orlando e Dario Franceschini, che, in contatto con Renzi, propongono all’ex segretario un patto di legislatura. Lo stesso che Conte prospetterà ai giornalisti che lo attendono fuori dal Quirinale. Sembra quasi che la situazione possa cambiare ancora, che il quadro possa ricomporsi. Fino a quando il trio Bellanova-Bonetti-Scalfarotto, guidato da Renzi, non si presenta in conferenza stampa e stacca la spina al Conte bis.
Lo fa in una conferenza stampa dai toni anche duri e spesso provocatori – non una novità per l’uomo di Rignano – che finiscono per schiacciare ancora di più il PD sull’avvocato: dopo averlo difeso, anche se non con la piena convinzione di tutto il partito, ora i Dem si definiscono convintamente al fianco del Premier, chiudendo ad ulteriori trattative con chi ha fatto saltare il banco. E’ anche in quest’ottica che va letto il sempre più frenetico lavoro del regista delle architetture PD, Goffredo Bettini, impegnatissimo nelle ultime ore nella ricerca di numeri certi soprattutto al Senato. Operazione non scontata, visto che ieri sera, in un vertice parallelo, il Centrodestra ha mostrato ancora grande compattezza, con Silvio Berlusconi marcato stretto dagli alleati sovranisti.
Qualche singolo parlamentare di Forza Italia, però, potrebbe decidere di fare il grande salto – magari anche grazie alla mediazione di Gianni Letta – così come, nel gruppo di Italia Viva, qualcuno alla fine potrebbe decidere di tirarsi indietro, e di rimanere nell’alveo della Maggioranza svanita. Molto, se non tutto, dipenderà da questi sette giorni. Quelli in cui il congelamento della crisi sarà utilizzato da Conte per costruire numeri e programmi di una terza edizione del suo Governo.
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