Due milioni e 400 mila euro dalla Philip Morris: il M5s ha un problema. Ecco le fatture

Due milioni e quattrocentomila euro lordi, in un arco temporale di tre anni. E’ questa, fatture alla mano, la cifra che Casaleggio Associati avrebbe incassato da Philip Morris per una consulenza digitale. Nello stesso periodo il Governo, di cui il Movimento 5 Stelle era protagonista, tagliava drasticamente le tasse sulle sigarette elettroniche. 

Ammonta a oltre due milioni di euro lordi la cifra totale che la multinazionale del tabacco Philip Morris avrebbe pagato, per una serie di consulenze, a Casaleggio Associati. Due milioni e quattrocentomila euro, per la precisione. Un caso destinato a suscitare polemiche, visto che – come noto – l’azienda è guidata da Davide Casaleggio, figlio del guru e fondatore del Movimento 5 Stelle Gianroberto, che contemporaneamente è anche il Presidente di Rousseau, la piattaforma digitale che regola decisioni candidature e decisioni politiche della formazione politica attualmente al Governo.

Non si tratta di una novità assoluta, visto che quello del tabacco non è l’unico settore cui Casaleggio Associati ha prestato i propri servigi in forma di consulenza: a partire dal 2018, infatti, l’azienda ha collaborato con Lottomatica – concessionario statale per il Lotto e grande impresa nel settore del gioco d’azzardo – e con l’armatore Vincenzo Onorato, a capo – tra le altre – del gruppo di traghetti Moby Lines.

Il rapporto con Philip Morris, tuttavia, fa più rumore degli altri. Un po’ perché la cifra incassata è davvero ragguardevole; un po’ perché proprio nell’arco di tempo – lungo tre anni – in cui il gigante del tabacco versava mensilmente bonifici nelle casse di Casaleggio Associati, il Governo italiano – il cui azionista di maggioranza era proprio il Movimento 5 Stelle, legato a doppio filo all’azienda della famiglia Casaleggio – interveniva con drastiche riduzioni fiscali in favore di chi realizzi e metta in commercio sigarette elettroniche.

Secondo quanto verificato dal quotidiano La Stampa, il compenso complessivo sarebbe stato suddiviso in 49 fatture – presenti nella contabilità Philip Morris con numero progressivo, data e importi. La cadenza dei versamenti è mensile, con le cifre che variano di fattura in fattura oscillando tra i 40 mila ed i 50 mila euro, fatta eccezione per due mensilità – una con fatturazione emessa il 14 novembre 2018, l’altra il 25 novembre 2019 – il cui importo è di 140 mila euro. Totale: 2.379.203,43 euro, corrisposti da Philip Morris a Casaleggio Associati per una consulenza digitale. Cifre e fatture non confermate dalla srl milanese, che attraverso Visverbi – l’agenzia che ne gestisce la comunicazione – spiega: che “Per policy aziendale Casaleggio Associati non rilascia mai informazioni relative ai propri clienti“. Mentre Philip Morris, interpellata sulla questione, tace.

La reazione del diretto interessato non si è fatta attendere, tanto che già ieri Davide Casaleggio faceva sapere di essere pronto a querelare Il Riformista, quotidiano che per primo ha dato la notizia, mettendo esplicitamente in relazione le consulenze milionarie e la riduzione delle tasse. “Teorie fantasiose“, secondo il capo dell’azienda, che costeranno una querela a “chi ha diffamato me e la società“. Tutto molto semplice, secondo il manager milanese: “Io non firmo decreti, né voto leggi, e non ho mai fatto ingerenze. Questi sono i fatti“, garantisce. Forse non abbastanza per escludere un collegamento tra i due eventi. E non è detto, soprattutto, che sia facile spiegare questo concetto agli elettori di una forza politica come il Movimento, cresciuta nel nome della parola d’ordine “onestà” e che contro i conflitti d’interessi – su tutti, quello dell’ex Premier Silvio Berlusconi – ha sempre puntato il dito in modo perentorio.

Casaleggio, in effetti, rilancia: “Affrontiamo pure il tema del conflitto di interesse, a partire dai 120 parlamentari che possiedono un’azienda e firmano leggi“. Giusta annotazione, che richiama ad un intervento legislativo che – probabilmente – sarebbe dovuto arrivare già da molto tempo. Ma non crediamo che spostare altrove l’attenzione sarà sufficiente a chiudere un caso che presenta più di un’ombra. Molto dipenderà dall’atteggiamento che, nei confronti di questa storia, verrà assunto dalla grande stampa e, naturalmente, dal mondo della politica. In questo senso, per ora, dalla Maggioranza tutto tace: segno di tenere unita il più possibile la coalizione di Governo, almeno per ora.

L’Opposizione, invece, attacca: Debroah Bergamini, Forza Italia, si domanda cosa diranno a proposito di questa storia “Crimi e Di Maio che, per molto meno, hanno crocifisso gli avversari politici, in nome di un presunto codice morale che a quanto pare deve valere per gli altri ma non per loro stessi“. Dura anche la reazione della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che si dice in attesa dei commenti da parte del Movimento su una vicenda che definisce “uno schifo“.

 

 

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