Natale, il piano del Governo: dieci giorni di shopping, dopo nuove restrizioni

Mentre si continua a seguire l’andamento della curva epidemiologica, il Governo studia le possibili misure da adottare in vista del Natale. Si fa strada l’ipotesi di concedere un periodo – probabilmente dieci giorni – di aperture per negozi, bar e ristoranti, così da tutelare almeno in parte i consumi e lo shopping natalizio. Poi, a ridosso della vigilia, il ritorno a restrizioni più rigide.
Mantenere l’impostazione dell’attuale Dpcm, con l’Italia divisa in tre zone in base al grado di rischio e poi, se i dati a disposizione dovessero confermare la tendenza al miglioramento degli ultimi giorni – con la curva che continua a salire ma in modo sempre meno dirompente – concedere dieci giorni di aperture, così da scatenare lo shopping e tutelare l’economia garantendo i consumi di Natale. Il piano del Governo per la fine dell’anno è questo. Quel che resta da verificare è se le condizioni generali permetteranno di applicarlo.
Già, perché tutto – come sempre – rimane strettamente collegato all’andamento della curva epidemiologica, al livello di pressione cui è sottoposto il servizio sanitario, ai ricoveri nei reparti di terapia intensiva. Intanto, fino al 3 dicembre – data di “scadenza” del Dpcm in vigore – non è escluso che altre regioni finiscano in zona rossa. Ci è già finito l’Abruzzo, con la decisione del Governatore Marco Marsilio di anticipare l’intervento del Governo, potrebbe toccare la stessa sorte anche alla Basilicata e alla Puglia – dove il Presidente Michele Emiliano ha chiesto la chiusura di due province, quella di Foggia e quella di Barletta, Andria e Trani. La riunione della Cabina di regia, prevista per oggi, farà il punto della situazione e, sulla base di questo, prenderà i successivi provvedimenti.

Dieci giorni di aperture

Intanto, però, l’Esecutivo sta già ragionando sull’impostazione generale da dare al successivo decreto, quello che regolerà le misure restrittive a partire dal 4 dicembre e – presumibilmente – per tutta la durata delle feste, fino all’inizio del 2021. L’ipotesi prevalente, in questo momento, prevede una serie di interventi modulati nel tempo, con il prolungamento – più o meno per un’altra settimana – di misure fortemente rigorose, con lo scopo di riportare entro il 10 dicembre tutte in le Regioni l’indice Rt al di sotto della soglia di 1. Condizione indispensabile affinché si possa procedere, nei giorni successivi, alla riapertura dei negozi nei giorni dello shopping natalizio. Una decisione che rappresenterebbe a tutti gli effetti un allentamento delle misure, visto che, ad oggi, quasi metà della popolazione italiana – rientrando in zona rossa – non ha questa possibilità.
Contemporaneamente, potrebbero riaprire anche bar e ristoranti – in questo momento attivi esclusivamente in zona gialla – fermo restando, probabilmente, il limite orario della chiusura alle 18.  L’obiettivo, oltre a cercare far sembrare il più possibile “normale” questo difficile Natale, è chiaramente quello di tutelare l’economia. Secondo Coldiretti “lo shopping Natalizio salva 5,1 miliardi” e con la crisi che morde – e che morderà ancora più forte nei prossimi mesi – è indispensabile, riflette il Governo, salvare il salvabile.

Il ritorno alle restrizioni 

Poi, superati i dieci giorni di apertura per shopping – e immediatamente a ridosso della vigilia – quasi certo il ritorno a restrizioni più severe, probabilmente ancora differenziate su base regionale, per scongiurare quel “liberi tutti” che rappresenta il vero spauracchio per Palazzo Chigi, dove è forte il timore che si possano ripetere gli errori commessi in estate. “Non ci saranno veglioni, baci e abbracci. Lo pagheremmo a gennaio con più decessi“, insiste non a caso il Premier Giuseppe Conte. L’idea del Governo è quella di permettere riunioni di famiglia limitate ad un ristretto numero di partecipanti. Ma le questioni da affrontare, per quel che riguarda la regolamentazione delle feste, sono tante. E il rischio di scontentare qualcuno praticamente una certezza. Per esempio, come agire rispetto agli spostamenti tra regioni? Chi vive lontano da casa, magari per lavoro, e approfitta delle festività natalizie per far visita ai propri cari, avrà la possibilità di farlo? Impossibile dirlo ora. Certo, se l’auspicio del vicesegretario Pd Andrea Orlando – il cui obiettivo è far rientrare tutto il paese in zona gialla entro Natale – si concretizzasse, allora non ci sarebbero problemi. Ma rimane uno scenario incerto, se non improbabile e allora sarà bene che l’Esecutivo lavori ad un pacchetto di provvedimenti capace di regolamentare ogni aspetto. A questo, poi, sarebbe importante si aggiungesse anche un certo grado di collaborazione e di responsabilità da parte di ciascuno di noi, magari arrivando a comprendere che per il bene di tutti, ma soprattutto dei nostri cari – a maggior ragione se genitori, o nonni, un po’ in avanti con gli anni – la scelta migliore potrebbe essere, in questo momento, quella di rimandare gli incontri a tempi più sereni.
Insomma, l’attenzione pare già essere completamente rivolta al prossimo Dpcm e alle feste. In realtà, però, la fase che attraversiamo continua ad essere di una incredibile complessità. I dati di ieri, in questo senso, non lasciano spazio ad interpretazioni: 36 mila contagi e 653 morti non permettono voli pindarici e impongono a tutti, Esecutivo in testa, razionalità, lucidità e pragmatismo. Non a caso il Ministro della Salute Roberto Speranza nella giornata di ieri ha messo in guardia i Governatori, sottolineando come sia fondamentale non sottovalutare la situazione, soprattutto perché in diverse zone la pressione sugli ospedali rimane “molto alta e non si può assolutamente scambiare qualche primissimo e ancora insufficiente segnale in uno scampato pericolo“.

L’accordo tra Governo e Regioni

In questa situazione, spiegano dall’Esecutivo, è impensabile andare incontro alla proposta dei Governatori di ridurre il numero di parametri – attualmente 21 – che determinano l’inserimento nelle diverse zone di ciascuna Regione. Parametri che quindi rimangono blindati almeno fino al 3 dicembre. A quel punto, un tavolo tecnico composto da Regioni, Istituto superiore di sanità e Ministero della Salute si riunirà per studiare eventuali interventi di modifica, che diverranno operativi con il nuovo Dpcm. Il Governo però apre alle istanze dei Presidenti di Regione su due altre tematiche: la garanzia di un maggiore coordinamento politico nelle fase di preparazione del nuovo decreto e la possibilità di garantire ristori alle attività penalizzate dalle restrizioni anche nel caso in cui la decisione delle chiusure fosse presa non dal Governo ma dall’amministrazione regionale.

Il “patentino” per i vaccinati

Infine, il vaccino. Sembrano confermate le cifre circolate nelle scorse settimane, che dovrebbero garantire già a gennaio la copertura per 1,7 milioni di italiani – per un totale di 3,4 milioni di dosi, da somministrare due volte nel giro di un mese circa. Da lì in poi, nei mesi successivi, dovrebbe essere inserita sul mercato italiano una non meglio specificata “quantità crescente” di dosi, capace – nelle speranze del Governo – di garantire entro settembre del 2021 una vaccinazione su larga scala. Un segnale di speranza dato dal commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, che però precisa: “Non conosciamo quanti italiani vorranno farsi il vaccino“. Allo studio, intanto, una piattaforma informatica che possa garantire la gestione e la verifica delle somministrazioni effettuate, così da poter risalire efficacemente ai vaccinati e avere una loro tracciabilità sul territorio: una sorta di “patentino dei vaccinati“, i cui dettagli dovranno essere valutati e stabiliti dal Ministero della Salute. Un elemento, questo, che probabilmente non farà che rinfocolare i malumori di chi sul vaccino nutre dubbi e perplessità.
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