Nonostante la percentuale relativa all’incremento dei contagi continui a scendere, il responsabile Prevenzione del Ministero della Salute Giovanni Rezza lancia l’allarme: l’indice Rt è troppo alto e rende necessaria l’introduzione di nuove misure. Il Governo, intanto, studia un lockdown leggero che – con la collaborazione dei Presidenti di Regione – possa impedire assembramenti.
Scende ancora, per la quinta settimana consecutiva, la percentuale di incremento dei contagi nel nostro Paese. Un dato importante che sottolinea come, nonostante i contagi assoluti siano maggiori rispetto alla settimana precedente – 236.660 quelli rilevati tra il 4 ed il 10 novembre, contro i 195.068 dei sette giorni precedenti – il trend di crescita della curva continui a segnalare un costante rallentamento. Andando a misurare la percentuale di incremento, infatti, si nota come negli ultimi 7 giorni questa si attesti al 25,6%, quasi la metà rispetto al 49,7% registrato il 3 novembre. Nelle settimane precedenti, poi, le cose erano andate anche peggio, con un incremento percentuale che per tre volte consecutive aveva raggiunto parametri intorno al 100%.
Dati in parte incoraggianti, che non bastano tuttavia a stabilire con certezza che ci si trovi di fronte ad un rallentamento dell’epidemia. Anche perché a fare da contraltare a questa informazione arriva il dato relativo alla percentuale di positivi rispetto alla totalità di test effettuati, anch’essa in costante aumento, al 16,2%. A questo si aggiunga il dato peggiore e più allarmante, quello dei decessi, più che triplicati nelle ultime due settimane: ieri il totale è arrivato a 42.330 da inizio pandemia, con il dato settimanale che parla di 2.918 morti, in forte aumento – 71% – rispetto ai 1.712 dei sette giorni precedenti. Un trend di crescita regolare, se è vero che la settimana precedente i decessi erano aumentati del 72,4%
Rallenta, invece, il ritmo di crescita dei ricoveri in terapia intensiva: 2.971 quelli segnalati tra il 4 ed il 10 novembre, pari ad un incremento del 33,5% rispetto all’ultima rilevazione, mentre la settimana precedente erano stati il 57,8% in più, per un totale di 2.225. Anche il dato sui ricoveri totali fa registrare un trend di crescita inferiore rispetto al passato: 40,1% in più, contro il 52% del 3 novembre e il 65% della settimana ancora precedente. Dati, quelli sui ricoveri, che possono far sperare in un effettivo rallentamento nella diffusione dei contagi derivante dalle misure adottate dal Governo e dalle Regioni nelle ultime settimane. Questo andamento, registrato a livello nazionale, non trova conferma soltanto in tre regioni: Piemonte, Basilicata e Calabria, dove i dati sui nuovi positivi e sui ricoveri in ospedale crescono ancora a ritmo molto sostenuto.
L’allarme di Giovanni Rezza
E’ forse anche alla luce di questo rallentamento nella crescita dei contagi che il Premier Giuseppe Conte continua a prendere tempo di fronte a chi invece chiede interventi più severi, insistendo sulla necessità di un lockdown nazionale. Lo aveva fatto poco giorni fa l’ordine dei medici, lo ha ribadito ieri – un po’ in controtendenza rispetto ai dati elaborati – il direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute Giovanni Rezza, che al termine della riunione della Cabina di regia ha affermato: “La situazione continua a peggiorare, sono necessarie nuove restrizioni“. Secondo lo scienziato, particolarmente preoccupante è il dato sull’indice di contagio Rt, arrivato al parametro di 1,7. Il complessivo aumento di contagi, oltre che di ricoveri in terapia intensiva, impone secondo Rezza “l’adozione di interventi più restrittivi soprattutto nelle Regioni più colpite“, nonostante i dati sulla crescita percentuale segnalino un significativo rallentamento.
La strategia del Governo
Il Presidente del Consiglio, però, prosegue per ora sulla sua strada, che punta a ridurre i contagi riducendo il più possibile assembramenti ma senza arrivare ad imporre un nuovo lockdown. L’intenzione di Conte è di portare avanti la strategia adottata da una settimana, che vede l’Italia divisa in tre zone in base al grado di rischio di ciascuna regione, anche per non dare l’impressione di procedere per tentativi, con continui cambi di rotta nelle modalità di contrasto al virus: “Non possiamo smontare il criterio scientifico che abbiamo costruito con l’ultimo Dpcm“, spiega il Premier, aggrappandosi con tutte le forze ai timidi segnali di miglioramento arrivati negli ultimi giorni.
Il lockdown leggero
Ancora qualche giorno e le indicazioni derivanti dai numeri saranno più chiare, in un senso o nell’altro. Per questo il Governo è al lavoro per mettere a punto una sorta di strategia aggiuntiva, che aggredisca ulteriormente la curva senza però sconfessare l’approccio basato su interventi localizzati contenuto nell’ultimo decreto: un “lockdown leggero” che garantirebbe il prosieguo delle attività per imprese, fabbriche e professioni, imponendo invece la chiusura a bar e ristoranti e limitando al massimo – attraverso ordinanze del Ministero della Salute, dei Governatori e dei sindaci – la mobilità.
Nella nuova, possibile, ondata di chiusure potrebbero rientrare anche alcune tipologie di negozi che, finora, avevano ottenuto la deroga all’interno delle zone rosse. Non è escluso, inoltre, che la chiusura di tutte le attività al dettaglio venga imposta nei fine settimana, come già avviene per i centri commerciali – fatta eccezione per farmacie, parafarmacie, edicole e tabaccai.
La data cerchiata in rosso sul calendario del Governo è quella del 15 novembre: la previsione dell’Esecutivo è che entro quella data gran parte della cartina italiana si colori di arancione per effetto delle norme contenute nell’ultimo Dpcm o, in alternativa, in conseguenza di ordinanze emesse dai Presidenti di Regione – come potrebbe avvenire già tra oggi e domani per Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto, i cui Governatori studiano da ieri un pacchetto di misure comuni da varare. Incalzati anche dal Governo che, attraverso il Ministro della Salute Roberto Speranza e quello dei rapporti con le regioni Francesco Boccia ha alzato il pressing: vuole che i Presidenti di Regione intervengano con misure più severe, calibrate sulla base delle esigenze regionali. Il messaggio dell’Esecutivo è chiaro: “Con un indice Rt sopra 1,5 basta un niente e ci si ritrova in zona rossa“.
In quest’ottica sarà importante anche l’azione dei sindaci, cui è riservata dall’ultimo Dpcm la facoltà di chiudere determinate aree all’interno dei propri comuni. Interventi ritenuti fondamentali dall’Esecutivo al fine di scongiurare pericolosi assembramenti.