Coronavirus 26.831 nuovi casi e 217 morti: ospedali in affanno, i pazienti attendono un posto anche per 46 ore

Il boom di ricoveri per Covid sta travolgendo gli ospedali. A Pisa una donna positiva al virus è rimasta per ben 46 ore su una barella in attesa di un posto letto. Non migliore la situazione nel resto d’Italia.

I dati del Ministero della Salute relativi alla situazione di oggi ci dicono che i casi totali – compresi attualmente positivi, morti e guariti – salgono di 26.831 unità. Nelle ultime ventiquattro ore 217 morti che portano il totale delle vittime a 38.122. Da ieri sono stati eseguiti 201.452 tamponi. 

Gli attualmente positivi crescono ancora e arrivano a quota 299.191, + 22.734. I dimessi e i guariti salgono a 279.282 registrano un incremento di 3878 unità. I ricoverati con sintomi salgono a 15.964, + 983 rispetto a ieri mentre nelle terapie intensive ci sono 1651 assistiti, + 115.

Coronavirus: gli ospedali sono già al collasso

Un fallimento nella preparazione“. Così il dottor Paolo Malacarne, primario del reparto di rianimazione dell’ospedale di Pisa , ha definito l’attuale situzione in cui versa gran parte degli ospedali di un Italia che – senza se e senza ma –  si può definire solo e semplicemente impreparata. A suscitare nel medico una reazione di sconforto misto a sdegno è stato il caso di una donna positiva al Covid che, per mancanza di posti letto, è rimasta in attesa per ben 46 ore su una barella del Pronto Soccorso. Il dottore si è reso conto della situazione solo quando è sceso a visitare la donna che stava peggiorando nella respirazione: la paziente era entrata al Pronto Soccorso alle ore 13.30 del 25 ottobre ed è stata ricoverata alle ore 12 del 27 ottobre. “Nemmeno a marzo e ad aprile i malati attendevano tanto a lungo” – ha spiegato il medico in un post su Facebook. E ha precisato che quello di questa paziente non è l’unico caso di attese “infinite”: insieme a lei, nella stessa mattinata, c’erano altri dieci pazienti circa che attendevano da ore, alcuni anche da oltre 24.

A scarseggiare sono  sia i letti per i ricoveri Covid ordinari sia quelli nelle terapie intensive e quelle sub-intensive. Per il rianimatore urge attivarsi per evitare che queste situazioni allucinanti si ripetano. In primis – spiega – è necessario attivare nuovi letti Covid non appena si arriva all’80% di occupazione di quelli presenti. In seconda battuta è opportuno impiegare nei reparti il personale medico e infermieristico che ha già avuto esperienza di pazienti Covid durante la prima ondata e che, dunque, sa già come muoversi senza perdere tempo. Il caso di questa donna rimasta in attesa per 46 ore ricorda da vicino quello dell’anziana signora di Roma, anch’essa positiva al Covid, lasciata ad attendere tutta la notte in ambulanza. Con l’aggravavnte che in quel caso la donna era affetta anche dal morbo di Alzheimer.

E anche in Lombardia suona forte il campanello d’allarme: il dottor Maurizio Viecca, primario di cardiologia presso l’ospedale Sacco di Milano, descrive una situazione che non è prossima al collasso ma è  che è già collassata: “Avanti così e si rischia di nuovo di morire a casa o in ambulanza come accadeva questa primavera”. Il medico spiega che la crisi degli ospedali deriva e dalla mancanza di posti letto e – soprattutto – dalla penuria di medici e operatori sanitari che si sono, a loro volta, ammalati di Covid. A differenza del collega di Pisa che punta su un rafforzamento delle strutture sanitarie, Viecca propone invece due soluzioni: limitare al massimo i contatti e rafforzare i controlli atti a multare chi non utilizza la mascherina: “Se il 95% delle persone utilizzasse mascherine a norma, avremmo migliaia di morti in meno e il lockdown sarebbe risolutivo a breve“.

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