Zangrillo, primario del San Raffaele: “Hanno voluto terrorizzare i cittadini, ci sono riusciti”

Il dottor Alberto Zangrillo denuncia il clima di terrorismo psicologico che ha portato i cittadini a non avere più fiducia nei medici.

Zangrillo GETTY 26 ottobre 2020

In un momento così delicato, sentirsi dire di non avere paura può sembrare un controsenso ma il dottor Alberto Zangrillo, primario dell’Ospedale San Raffaele di Milano nonchè medico personale dell’ex premier Silvio Berlusconi – recentemente colpito dal virus – sostiene che la paura è uno dei principali nemici nella lotta alla pandemia: “In questo momento, nessuno si fida dei medici e degli esperti. Questo perchè tutti hanno paura: chi voleva inculcare il terrore nei cittadini, ci è riuscito in pieno”. Secondo Zangrillo, proprio in questa fase è necessario mantenere il sangue freddo e non lasciarsi prendere dal panico. Perchè è proprio la paura per il virus a togliere preziose risorse a chi rischia davvero la vita: “Negli ospedali si riversano persone che credono che il tampone sia una sorta di bacchetta magica. Questo perchè sono spaventati: stimo che il 40% di loro potrebbero tranquillamente rimanere a casa perchè non ha motivo di sottoporsi al test, nessuno però pensa a tranquillizzare le persone” – ha spiegato il medico elencando uno dei motivi che sta portando gli ospedali italiani a fare i conti con un numero ingestibile di pazienti.

Ovviamente, il pericolo principale rimane il sovraffollamento delle terapie intensive tanto temuto dal Governo e dal Comitato tecnico scientifico: “E’ fondamentale che il ricovero in terapia intensiva segua dei parametri precisi e delineati” – ha scritto su Twitter il dottore. In parole povere, solo i pazienti che rischiano seriamente la vita devono accedere ai reparti più a rischio che contano poche migliaia di posti. Perchè questo accada – conclude Alberto Zangrillo – è necessario che i cittadini facciano appello al proprio senso di responsabilità: Mantenete i nervi saldi e non fatevi prendere dal panico: recatevi in ospedale o a fare i test solo se ci sono reali e gravi motivazioni per farlo”.

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