Coronavirus, arriva il nuovo Dpcm: palestre e piscine chiudono, a rischio bar e ristoranti

L’incremento dei contagi impone al Governo di agire velocemente e di adottare misure più rigide per il contrasto al coronavirus. Conte ripete di essere contrario ad una chiusura totale, ma il nuovo Dpcm potrebbe contenere a tutti gli effetti un lockdown mascherato. 

La situazione sta precipitando. I contagi corrono, così come i decessi – 91 nella giornata di ieri – e i ricoveri in terapia intensiva. L’Italia, inutile nasconderlo, corre verso quello che potrebbe essere un nuovo lockdown. Nonostante questa parola sia, dalle parti di Palazzo Chigi, una sorta di tabù. Il Premier Giuseppe Conte ha più volte preso l’impegno di scongiurare una chiusura generalizzata come quella che fermò il paese a partire da marzo, e ora non vuole perdere la faccia. Ma il contesto rimane difficilissimo, e l’impressione è che alla fine il Governo possa arrivare, Dpcm dopo Dpcm, ad un lockdown fatto di piccoli pezzi, come se fosse un puzzle: mettendoli insieme tutti, il risultato finale potrebbe essere tristemente simile ad una chiusura totale.

Il prossimo decreto dovrebbe arrivare entro domani sera. Stando alle previsioni, appare probabile che le scuole possano rimanere aperte: d’altra parte sono uno dei pochi settori su cui il Governo si è realmente attivato, in questi mesi, per cercare di prendere le misure al virus. Forse anche in maniera discutibile – si pensi ai banchi singoli a rotelle – sull’istruzione sono stati investite risorse umane e discutibili, e per questo le scuole saranno probabilmente tra le ultime cose che il Governo si rassegnerà a chiudere. A questo proposito, il Ministro Lucia Azzolina preme affinché venga indicata nel decreto una soglia massima – probabilmente fissata al 50% – per l’utilizzo della didattica a distanza.

Eppure è proprio sul rapporto tra istruzione e mezzi pubblici che si gioca una delle partite fondamentali tra le due anime del Governo. Da una parte Azzolina, intenzionata a difendere fino all’ultimo la didattica in presenza e certa che il contagio viaggi soprattutto su autobus e metropolitane, più che all’interno delle classi; dall’altra il Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, che non sembra intenzionata a modificare le misure di contingentamento già adottate e rifiuta di ridurre la capienza massima, attualmente fissata ad un discutibile 80% – nei fatti impossibile da misurare e, come molte immagini dalle grandi città dimostrano, ampiamente superato dalla realtà. Di fronte a queste evidenze, la soluzione passerebbe attraverso un massiccio aumento del ricorso al telelavoro. Un’eventualità che, fanno sapere i Dem, sarebbe presa in considerazione solo a fronte di un importante ritorno anche alla didattica a distanza.

Insieme all’istruzione, proseguono senza chiusure i settori ritenuti cruciali dal punto di vista economico: industria, commercio, artigianato e professioni. Per il resto, tutte le attività ritenute “non essenziali” sono destinate a fermarsi. In arrivo, inoltre, un’ulteriore stretta al numero di ospiti invitati in occasione di cerimonie private.

Saranno quindi molte le attività costrette a fermarsi. Magari non ai livelli di marzo – quando comunque rimase attivo circa il 55% dei centri produttivi – ma il contraccolpo economico anche questa volta sarà duro. Il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri è già allo studio di una serie di misure economiche che possano dare un sostegno a tutte quelle attività che riceveranno uno stop dall’imminente decreto.

Impossibile, con una crescita di contagi così impetuosa, attendere quei sette giorni di tempo che Conte aveva ipotizzato per vedere se le prime misure adottate iniziassero a produrre qualche effetto benefico. Anche perché il pressing sul Presidente del Consiglio si fa sempre più intenso: Governatori, Ministri e scienziati – è di ieri l’appello rivolto a Conte e Mattarella da oltre cento uomini di scienza, tutti invocano da parte del Premier un intervento decisamente più rigido, che vada in direzione di quel “reset” che era stato suggerito inizialmente dal microbiologo Andrea Crisanti e successivamente caldeggiato da più parti: una chiusura quasi totale limitata nel tempo – magari due settimane – per riportare la situazione dei contagi a livelli maggiormente gestibili, così da alleggerire il carico sugli ospedali e, magari, poter ripartire con una strategia di tracciamento più efficace.

Il coprifuoco rafforzato

La direzione intrapresa da Conte, quindi, è ora quella di un “coprifuoco rafforzato“. Dopo aver portato avanti per qualche settimana le ragioni della prudenza, con l’intenzione di non arrivare a misure eccessivamente drastiche e punitive per l’economia, il Premier alla fine si è dovuto allineare, numeri alla mano, alle posizioni dell’ala rigorista dell’Esecutivo.

Per la giornata di oggi sono dunque previsti una serie di impegni propedeutici al varo delle nuove misure: prima il confronto con le Regioni, poi – probabilmente – la riunione con i capi delegazione per fare il quadro dei prossimi provvedimenti. A mettere pressione è soprattutto il Partito Democratico, che attraverso i Ministri Franceschini e Speranza insiste sulla necessità di adottare restrizioni simili a quelle volute dai presidenti di regione. Conte si è anche confrontato con Domenico Arcuri, commissario straordinario all’emergenza, e ritiene in questa fase fondamentale dare un quadro di carattere nazionale alle singole misure adottate a livello regionale.

Su questa linea si posiziona anche il Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, secondo cui “Al di là delle libertà dei presidenti di Regione servono alcune scelte uguali per tutti i territori“. Ma il coprifuoco rimane il provvedimento su cui si continuano a scatenare le maggiori tensioni: gran parte del mondo scientifico preme affinché le limitazioni vengano anticipate almeno alle 21 – se non alle 20 – ed estese a tutto il territorio nazionale. Dalla parte opposta alcuni Ministri, convinti che una chiusura di questo tipo possa rappresentare il colpo di grazia per migliaia di attività che operano nel campo della ristorazione, e auspicano una soluzione che possa garantire loro di continuare a lavorare, magari inasprendo i controlli sul rispetto delle regole da parte di esercenti e cittadini.

E’ per questo che rimane sul tavolo l’opzione che il coprifuoco, a livello nazionale, possa essere introdotto soltanto a partire dalle 22 o dalle 23, in modo da poter far scegliere ai locali se rimanere aperti o meno. Quel che è certo, è che dopo l’orario stabilito – qualunque esso sia – gli spostamenti al di fuori delle abitazioni saranno consentiti esclusivamente per ragioni di salute o di lavoro.

Palestre, piscine, circoli sportivi

Quasi certa, inoltre, anche la chiusura delle palestre e delle piscine. Queste attività, per cui era stato paventato lo stop già da un paio di settimane, sembrano ormai destinate a rientrare nel prossimo decreto. Tutto l’Esecutivo è allineato su una linea dura che porterà alla serrata anche dei vari circoli sportivi e di tutti i campionati non professionistici.

Centri commerciali

Considerati luogo di assembramento ad alto rischio, anche i centri commerciali saranno chiusi nei fine settimana, estendendo una misura già adottata da diverse amministrazioni regionali. Resteranno aperti i negozi al dettaglio, anche se rimane viva l’ipotesi che si possa imporre uno scaglionamento degli orari di apertura, così da decongestionare la presenza di persone in strada e – soprattutto – sui mezzi pubblici. Da risolvere il nodo dei mercati rionali che, in assenza di una regolamentazione chiara e rigida, andranno incontro alla chiusura.

Estetisti e parrucchieri

Dovrebbero invece rimanere aperti, almeno per il momento, estetisti e parrucchieri, che andranno tuttavia incontro ad un netto irrigidimento dei controlli sul rispetto dei protocolli di sicurezza, con il rischio di chiusura immediata per tutte quelle attività che dovessero risultare non perfettamente in regola.

Spostamenti tra regioni

Rimane aperto, infine, il tavolo sugli spostamenti tra le Regioni. In questo senso, nessuna decisione è stata ancora presa. Non si esclude che, se dovessero essere introdotte limitazioni, queste possano riguardare soltanto quelle regioni in cui l’indice Rt sia particolarmente alto.

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