Stipendio raddoppiato, Tridico non si dimette. E per Di Maio va bene così

Anche Luigi Di Maio corre in difesa di Pasquale Tridico. Il presidente dell’Inps afferma che non si dimetterà e che il raddoppio dello stipendio è una decisione legittima. Ma i malumori crescono anche nella Maggioranza.

 

Anche Luigi Di Maio corre in difesa di Pasquale Tridico. Il presidente dell’Inps non naviga in buone acque da quando si è iniziato a parlare del raddoppio del suo stipendio. Infatti il compenso annuo di Tridico è passato da 62 mila a 150 mila euro, riferisce Fanpage. Sebbene sia una decisione legittima, sancita da un decreto interministeriale firmato lo scorso agosto dalla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, la delibera ha alzato un polverone. In un momento delicato in cui si trovano milioni di italiani, molti dei quali aspettano da mesi la cassa integrazione stanziata con il lockdown, il raddoppio dello stipendio al dirigente è apparso come una decisione completamente fuori luogo. Per questo Di Maio prova a intervenire sulla vicenda: “Una cosa sarebbe stata discutere dell’aumento dello stipendio di Tridico un anno fa, un’altra è adesso – ha affermato l’ex capo dei 5 Stelle. Faremo gli approfondimenti, ma questa cosa non mi fa perdere la fiducia nel presidente dell’Inps, né nel ministro Gualtieri né nel ministro Catalfo che seguono il dossier“, ha concluso.

Intanto Tridico sembra non scomporsi. Ieri ha dichiarato: “sto bene e sto andando a messa”, parlando con il Corriere della Sera. Ma c’è da immaginare che dietro alla parvenza di normalità, per il presidente dell’Istituto di Previdenza si tratti di uno dei momenti più burrascosi della sua vita. O almeno della sua vita politica, lanciata da Luigi Di Maio prima delle elezioni politiche del 2018. Per questo il tono di Tridico al telefono è arrabbiato, ma al tempo stesso determinato. Non si dimetterà, ribadisce. E non intende chiarire più nulla: “ha già detto tutto il comunicato della direzione del personale dell’Inps”. Nessun arretrato è stato corrisposto a Tridico in seguito all’aumento di stipendio, che decorre – spiega lo stesso presidente – “come ha chiarito una nota dello stesso ministero del Lavoro, dall’insediamento del consiglio di amministrazione”. Cioè dal 15 aprile 2020. Non è pertanto decorrente dalla nomina a presidente dell’Inps avvenuta nel maggio 2019. Sulla questione della decorrenza dell’aumento era stato chiesto un formale chiarimento da parte del Collegio Sindacale dell’Inps. Basandosi sulle due note – una della direzione del personale Inps e l’altra del ministero del Lavoro – Tridico ritiene che non ci sia nessun “caso”. Innanzitutto perché non si parla di retroattività, in quanto con la costituzione del consiglio di amministrazione è diventato lui stesso presidente del consiglio dell’organo, appunto, il 15 aprile di quest’anno. E poi perché, sostiene ancora Tridico, all’Inps nessuno ha disposto il pagamento di arretrati a suo favore.

Tridico vorrebbe liquidare così la questione, puntando alla legittimità della decisione. Però ha sollevato i malumori a tanti, tra cui anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che avvierà un “approfondimento” sull’intera vicenda. Dopo le polemiche dei giorni scorsi sui criteri di assegnazione del Reddito di Cittadinanza – e il conseguente battibecco con l’ex presidente dell’Inps Tito Boeri – l’affare stipendio sganciato sulla testa di Tridico sembra tutt’altro che casuale.

Fonte: Fanpage, Corriere della Sera

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