Per la Lega sarebbe pronta la trappola, lascia intendere Luca Palamara

Le indagini che a pochi giorni dalle elezioni Regionali potrebbero stravolgere la Lega sono un espediente della maggioranza per mascherare la crisi di Governo dice Augusto Minzolini. E ci potrebbe essere un punto di svolta dopo le elezioni

Di vero e proprio “copione” si trattano, per il Giornale, le indagini che a pochi giorni dalle elezioni Regionali potrebbero piovere addosso alla Lega. La sceneggiatura sarebbe quella di sempre, di tutte le campagne elettorali: fioccano le inchieste e gli arresti, questa volta “accanite” sulla Lega; piovono gli appelli alle “crociate” – chi contro l’immigrazione, chi contro il “pericolo fascista” – mentre al contempo si analizzano, nelle retrovie, i possibili risultati delle elezioni. Nulla di nuovo, afferma il periodico diretto da Alessandro Sallusti, che cita a prova di questa tesi l’ex magistrato Luca Palamara, rinviato a giudizio per corruzione per l’esercizio delle funzioni. “Anch’io sto provando l’esperienza di chi si aspetta di avere un giudizio imparziale e si accorge, invece, di essere solamente in balia di un plotone di esecuzione”, si sfoga l’ex magistrato, che in un’intercettazione parlava di certi settori di “Sinistra” della Magistratura che vorrebbero danneggiare Matteo Salvini. Per Palamara, quella di oggi – tra inchieste e arresti dei commercialisti vincolati alla Lega – è segnale di una “logica politica”. Nient’altro, dice, che “la riproposizione del vecchio gioco”, che ora avrebbe nel mirino la Lega. E non sarebbe un caso che questo gioco si ripropone alla vigilia di una consultazione elettorale. Così, l’inchiesta della Procura di Milano sul possibile coinvolgimento della Lega nella gestione di fondi sospetti apparterrebbe a una sorta di “garantismo strumentale”, che per il calendiano Enrico Costa è “figlio non della convinzione, ma della convenienza”. Una strategia a tutto campo quindi per tentare di tenere in piedi il Governo, che potrebbe essere sull’orlo dello sfacelo. Tutto dipenderà dai risultati delle elezioni Regionali. Ma non solo.

Perché la crisi ormai tangibile ha mostrato una fragilità che nessuno cerca più di tenere nascosta, personificata proprio dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Se ci fosse un referendum per un “cambio degli equilibri” a Palazzo Chigi, dice il Corriere della Sera, molti nella maggioranza voterebbero Sì. Però se da una parte i malumori sono evidenti nei partiti della maggioranza, dall’altra nessuno si vuole restare con il cerino in mano per aver fatto cadere il Governo. La soluzione, dice un dirigente grillino, si troverà nell’eleganza di un “incidente parlamentare” senza colpevoli – tipico esempio di “crisi senza padri”. Che si compia o no l’incidente, la sua sola evocazione fa capire quanto è profondo l’abisso che si è creato tra i partiti di maggioranza e Giuseppe Conte, che finora si è fatto forte proprio sulla fragilità di quei partiti. Però se PD e Cinque Stelle non si reggono più – come sembra che sia – il voto potrebbe rappresentare per tutti un punto di svolta.

Fonte: Il Giornale, Corriere della Sera

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