Una riforma? No, è il premio per chi vuole chiudere il Parlamento, dice Emma Bonino

la leader di +Europa Emma Bonino prende posizione per il “no” al Referendum sul taglio dei parlamentari, giudicato un trofeo per chi vorrebbe chiudere il Parlamento.

 

A meno di 20 giorni dal Referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari si moltiplicano gli appelli al voto delle forze politiche. Nettamente schierata sul fronte del “No figura, tra gli altri, la leader di +Europa Emma Bonino, che in una intervista rilasciata a La Repubblica esprime giudizi durissimi sulla riforma costituzionale che sarà oggetto del voto. Sono numerosi gli elementi di criticità che Bonino rileva nel testo, a partire dai rischi di inefficienza che a suo giudizio ci sarebbero in caso di vittoria dei “Si“: ridurre il numero dei parlamentari senza i doverosi adeguamenti del sistema istituzionale, secondo la senatrice, potrebbe creare non pochi problemi nello svolgimento delle funzioni parlamentari, con addirittura il rischio di una “paralisi” nel caso del Senato, ridotto a 200 membri ma con la prospettiva di mantenere invariate le 14 commissioni permanenti previste attualmente dal sistema.
Altro tema a rischio sarebbe poi quello della rappresentanza regionale: “La rappresentanza“, afferma Bonino, “è insieme di cittadini e di territori, e dunque è normale che in Paesi come l’Italia, in cui esistono sia grandi aree metropolitane, sia vasti territori poco abitati, sia necessario stabilire un rapporto tra eletti e elettori che tenga conto di queste diverse realtà“. Poi, l’esempio di due casi opposti: da una parte la Basilicata, con i suoi 55 abitanti per km quadrato, dall’altra la città di Roma, che di abitanti per km quadrato ne ha 2.200: “Questa ponderazione nella cosiddetta riforma è saltata del tutto, come se il problema non esistesse“.
Perplessità, quelle sulla tenuta istituzionale in seguito all’attuazione della riforma, che aveva già espresso nei giorni scorsi, quando aveva utilizzato la metafora – riportata da Il Sole 24 Ore – dell’inquilino di un condominio, residente al primo piano, che decidesse di rimuovere una trave portante senza curarsi minimamente della stabilità dell’intero edificio.

Non mancano poi gli attacchi a chi, nella maggioranza, si fa promotore della riforma, in particolare al Movimento 5 Stelle, le cui intenzioni reali, dice Bonino, sarebbero quelle di “chiudere il Parlamento, non certo di riformarlo“. Quella in discussione, quindi, non sarebbe una riforma, ma soltanto un trofeo consegnato al populismo grillino, che fa in molti casi leva sulla percezione dei politici come di fannulloni che si arricchiscono gravando sulle spalle della comunità, molto diffusa nel paese. Anche su questo, la leader di +Europa ha le idee chiare: dopo aver precisato la sua esperienza politica – e quella dei suoi compagni di avventura, su tutti Marco Pannella – ha portato la gran parte delle persone a impoverirsi, invece che ad accumulare ricchezza, Bonino si scaglia contro quella che definisce una retorica tossica: “Sentire parlare del Parlamento come di un covo del malaffare occupato da parassiti, che vanno eliminati come se fossero dei pidocchi, mi fa intellettualmente orrore, e non mi capacito di come persone rispettabili non insorgano“.
Stroncata anche la teoria del taglio dei costi: 345 eletti in meno porterebbero, come confermato anche dall’economista Carlo Cottarelli, ad un risparmio di circa 60 milioni di euro l’anno, una cifra irrisoria a fronte del bilancio di uno Stato come l’Italia. Inoltre, spiega ancora Bonino, “I costi della politica, in senso deteriore, sono tutti gli sprechi che la politica decide o consente. Quota 100, o l’ennesimo salvataggio di Alitalia, per me sono esempi di costi spropositati della politica che andrebbero tagliati“.

E quando al Referendum manca ormai poco più che due settimane, c’è una certa confusione sul posizionamento dei vari partiti: formalmente schierate per il “Si” quasi tutte le formazioni presenti in Parlamento, non mancano in realtà dissidi interni su cui la senatrice di +Europa spera di poter contare, soprattutto per quanto riguarda il Partito Democratico, in cui la fronda del “No” è guidata da Luigi Zanda. “Condivido le preoccupazioni di Zanda e capisco anche l’imbarazzo del Pd”, spiega. “Ci sono episodi che dicono più di mille discorsi. Per due volte in due giorni il Pd ha rinunciato agli spazi delle tribune elettorali per il sì che gli spettano in base alla par condicio. Ha lasciato la sedia vuota. Mi auguro che questo preluda alla possibilità che il Pd occupi le sedie per il no“.

Fonte: Repubblica, Il Sole 24 Ore

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