Taglio dei parlamentari, le Sardine dicono no: “La politica rovinata dal Papeete”

Per il movimento delle Sardine, il taglio dei parlamentari mette in rischio la rappresentatività e indebolisce la democrazia. Il M5S non ci sta: occasione per rendere il Parlamento più efficiente.

Mattia Santori

Tra i tanti “perché no” e “perché sì” che spopolano sul web, il movimento delle Sardine ha fatto la sua scelta: al referendum sul taglio dei parlamentari voterà “no”. Lo ha annunciato, in un’intervista alla Repubblica, il leade del gruppo, il bolognese Mattia Santori. La diminuzione del numero di parlamentari senza le garanzie che erano state promesse e senza aver messo mano alla legge elettorale è un errore”- denuncia Santori, per il quale il taglio dei parlamentari mette in gioco la democrazia. Il referendum, fortemente voluto dal Movimento Cinque Stelle ma contestato da differenti schieramenti politici, propone una riduzione importante del numero dei deputati – da 630 a 400 – e senatori – da 315 a 200.  Per Santori, questo restringimento non si giustifica in nessun modo, se non come tentativo di “salvare Di Maio nel suo ruolo“, una mossa populista, insomma, che le Sardine, “nate per difendere la politica dal populismo“, cercano di arginare. Infatti, anche il risparmio economico per le casse dello Stato sarebbe insignificante a loro dire: 1,35 euro a cittadino.  Il leader delle Sardine, che auspica il  “no” anche del PD,  sottolinea che la democrazia, lungi dall’essere un costo, è “una spesa pubblica per permettere a chi non è rappresentato di esserlo”.

Vogliamo che il Parlamento riprenda la sua funzione – dice ancora Santori – è stato snaturato non per via del numero dei parlamentari, ma perché una certa politica ha preferito al Parlamento altre sedi come le dirette Facebook, la piattaforma Rousseau, la spiaggia del Papeete

Se il taglio venisse confermato alle urne il 20 e 21 settembre, si passerebbe dai circa 96mila abitanti per deputato a circa 151mila per deputato, e l’Italia potrebbe finire all’ultimo posto in Europa per quanto riguarda la rappresentatività della “camera bassa”, ovvero la camera dei deputati, con il rischio di rendere parzialmente sterile la capacità del parlamento di rappresentare il popolo. A riferirlo Internazionale.

Referendum, cosa dice il M5S 

E sulla “rappresentazione del popolo”, i numeri per la realizzazione delle consultazioni parlano da sé. I cittadini che hanno messo la firma per tenere il referendum sono stati 669, a fronte delle 500.000 firme richieste dalla Costituzione. Su 50 milioni di elettori il referendum è stato chiesto cioè dallo 0,000013% degli aventi diritto. I dati sono riportati dal blog del Movimento 5 Stelle. La consultazione si terrò grazie ai 71 senatori – alcuni della Lega – che hanno richiesto di sottoporre la riforma al vaglio popolare. Per i pentastellati tuttavia il referendum resta infatti “lo strumento più nobile a disposizione del popolo per incidere sulla vita politica”. Il Movimento vuole approfittare di questa occasione per mandare un “messaggio chiaro di rinnovamento e partecipazione”, si legge sul sito, e invita gli elettori a votare Sì. Per i sostenitori del referendum, il taglio ai parlamentari ridurrebbe l’attuale frammentazione politica, e renderebbe il Parlamento più efficiente e funzionale. E per difendere questa posizione dagli attacchi di chi sostiene che la riforma danneggerà la democrazia, Luigi Di Maio si è espresso ieri su Facebook, puntando il dito contro chi vuole denigrare questa riforma.

 

 

 

Fonti: Repubblica, Internazionale, Blog M5S, Luigi Di Maio Facebook

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