Dopo il crollo del Ponte Morandi i Benetton riescono a spaccare la Maggioranza. Conte rallenta sulla revoca

Il Premier, in vista del Cda di domani, cerca di tenere unita la Maggioranza. Critiche da Italia Viva, mentre M5S e Leu sposano la linea della nazionalizzazione. Perplessità dai Dem. 

"Lo Stato non si siederà al fianco di Benetton", Conte promette l'estromissione della famiglia veneta da Autostrade - Leggilo.org

Il braccio di ferro tra il Governo e Autostrade rischia contraccolpi in borsa devastanti e, anche, intrusioni estere indesiderate. La stessa Atlantia, controllata da Benetton, ha perso 15 punti nei giorni caldissimi dell’ultimatum del Premier Giuseppe Conte. Parliamo di – come riferisce Repubblica -di oltre 1,68 miliardi di capitalizzazione. Perdite che hanno spinto il fondo cinese Silk Road, detentrice di diverse quote azionarie della società, a chiedere l’intervento di Pechino per pressare – ed allentare la presa dell’Esecutivo – su Atlantia. La posta in gioco è altissima e un’altra Alitalia di cordate miste – e mal organizzate – non serve a nessuno. Conte, da Berlino dove ha fatto visita alla Cancelliera tedesca Angela Merkel, ammorbidisce i toni, anche alla luce delle difficoltà nella Maggioranza di raggiungere un accordo a breve: “Bisogna adottare una decisione, che deve coinvolgere tutto il Governo. Tutti devono essere messi in condizione di conoscere i dettagli”.

Non viene specificato però la data della sentenza – politica ed economica – per la famiglia Benetton, nonostante giorni fa era apparso chiaro che se ne sarebbe parlato nel prossimo Cdm. Il Ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli ha spiegato che il commissariamento di Aspi – conseguenza del mancato ritiro volontario di Benetton – comporterebbe ad ogni modo ripercussioni sullo stato occupazionale, con il serio rischio di inserimento di cassa integrazione per i lavoratori, e un maggiore investimento – a carico dello Stato questa volta – sulla manutenzione di diversi tratti autostradali. Ma il dossier presentato da Anas dimostra come la società di Benetton – in quest’ultimo campo – non abbia ottemperato ai suoi obblighi.

C’è l’interesse degli australiani Macquarie da analizzare, ma nessuno rileverebbe una società ormai declassata e, ancor più grave, si rischia di scoprire il fianco ad una scalata internazionale della società. La credibilità dell’azienda è già fortemente compromessa, mentre anche Merkel si ritira dai giochi smentendo che nell’incontro bilaterale con Conte si sia parlato di un ingresso di Allianz ad una quota maggioritaria, dato che i tedeschi attualmente detengono il 7%. Il Segretario Dem Nicola Zingaretti ha offerto una sponda al Premier: “I rilievi del Presidente del Consiglio sono condivisibili”, ma una vera sferzata non c’è stata. La sensazione è che si aprirà un tavolo, ma convincere Benetton ad uscire volontariamente dal gruppo sarà impresa ardua.

La proposta di Autostrade Spa, presentata sabato scorso e ritenuta dalla famiglia Benetton un giusto compromesso per uscire dall’impasse, sembra non aver scalfito l’umore della Maggioranza del Governo del Premier Giuseppe Conte. Ma, al netto delle dichiarazioni di facciata e di intenti, l’Esecutivo – che martedì si riunirà in Consiglio dei Ministri per prendere una decisione attesa da quasi due anni – è spaccato e su posizioni inconciliabili. Il Cda di Autostrade – come spiega HuffingtonPost – dopo due giorni di trattative, ha presentato un piano di rilancio e riassetto dei quadri dirigenziali della società: nessuna uscita, ma un ridimensionamento delle quote dei Benetton, che passerebbero dall’88% al 40%, e investimenti per oltre 14,5 miliardi di euro. Inoltre, 3,4 miliardi di euro da mettere subito sul tavolo per chiudere la partita: 1,5 miliardi – con il blocco della crescita media delle tariffe e dei pedaggi – 700 milioni per la manutenzione di tratti autostradali e 800 milioni soltanto per Genova.

Ma dell’articolo 35 del Decreto Milleproroghe – che ha abbassato il valore del risarcimento in caso di revoca della concessione da 24 a 7 miliardi di euro – non se ne parlerà. Ed è questa la questione più importante: fino a quando non sarà presa una decisione definitiva – ovvero sino a quando la spada di Damocle della revoca non sarà ammainata – nè investitori terzi, nè la stessa Cassa Depositi e Prestiti metterà un centesimo. E non è un discorso da poco, dal momento che si prevede – in caso di iter di recessione – un’aspra battaglia in tribunale. Stamane, come spiega Repubblica, il Premier Conte è stato lapidario nel rifiutare l’offerta dei Benetton: “Lo Stato italiano non può essere socio dei Benetton”. Perchè è questo, infondo, ciò che chiede la famiglia detentrice delle maggiori quote societarie quando parla di: “Entrate terze”, anche se non ha specificato in quale modalità e che aumento di capitale è previsto.

La questione è ampiamente – anche – politica. La notizia, nei giorni scorsi, del ritorno della gestione del nuovo viadotto “Genova-San Giorgio” nelle mani di Aspi ha dato soltanto un assaggio di quanto la vicenda possa mettere in crisi l’Esecutivo e rinvigorire l’opposizione. Conte si gioca molto perchè molto ha promesso. Il piano – nella sua complessità di attuazione – è semplice: rilevare le quote con una cordata pubblica formata dal Cdp in coppia con F2i. Il Movimento 5 Stelle non accetterebbe mai altre forme di gestione della crisi, come la compartecipazione teorizzata dai Benetton. L’obiettivo è nazionalizzare la società, poi si vedrà. Il Partito Democratico, in linea di massima, appoggia il Capo del Governo, ma dal Nazareno emergono dubbi sull’effettiva utilità di un ultimatum alla società. Come spiega La Stampa, la dirigenza PD spera che si tratti di una mossa per cercare di aumentare ulteriormente i fondi di investimento dei Benetton. I Ministri delle Infrastrutture e dell’Economia, i Dem Paola De Micheli e Roberto Gualtieri, che si stanno occupando del tutto, sono scettici ma seguono la linea di Palazzo Chigi.

Leu, invece, appoggia il M5S sulla nazionalizzazione, mentre Italia Viva, che giorni fa avvisò il Governo con un mezzo ultimatum di Maria Elena Boschi, parla di: “Discussione surreale” e di un Esecutivo che: “Dovrebbe accettare l’offerta di Autostrade”. E questo, per Conte, è un enorme problema: se Autostrade non dovesse volontariamente ritirarsi inizierebbero le procedure di revoca della concessione, il cui voto finale spetterebbe al Parlamento. E, a Palazzo Madama, sono i renziani a dettare legge. Il clima è incandescente: l’ex Ministro del Sud, Barbara Lezzi, ha chiesto che il Cdm di domani avvenga in diretta streaming affinchè tutti – pubblicamente – mettano a conoscenza gli italiani delle proprie intenzioni. Siamo arrivati a qualcosa che sembra una sfiducia ufficiosa. Conte, che sembra aver mollato le vesti di avvocato mediatore in questa circostanza, si schiera apertamente con i 5 Stelle.

Ma lo fa anche per un’altra ragione. Il Premier e il suo staff sono rimasti sconvolti dai movimenti nell’ombra del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. L’ex capo politico ha dapprima incontrato il numero due della Lega Giancarlo Giorgetti, poi il 24 giugno l’ex presidente della Bce Mario Draghi, infine l’ex Premier Matteo Renzi e Gianni Letta. Cosa bolle in pentola è facile da immaginare: Di Maio vuole riprendersi la scena. Conte, dunque, schierandosi a favore della totale estromissione dei Benetton dalla società, vuole compattare il gruppo governista del Movimento. E magari conquistarlo, pezzo dopo pezzo, per arrivare – numericamente – forte a settembre, mese delle grandi decisioni, e del Mes. 

 

Fonte: HuffintonPost, Repubblica, La Stampa

 

 

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