Erri De Luca: “La rinuncia alla manodopera immigrata a basso costo è autolesionismo”

In queste settimane si è tornato a parlare di regolarizzare gli immigrati e dell’importanza della manodopera immigrata soprattutto nel settore agricolo. Ma, diversi mesi fa, già ne parlava lo scrittore Erri De Luca.

Erri De Luca - Leggilo.org

 

Oltre ai piani del Governo per la fase due, in questi giorni uno dei temi “caldi” è la regolarizzazione dei migranti. Battaglia in cui si sta molto spendendo il Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova seguita dalla senatrice di Europa+ Emma Bonino. In particolare Bellanova punta sulla regolarizzazione di tutti quegli immigrati che lavorano, spesso clandestinamente, nei campi agricoli e che sono impiegati nella raccolta degli ortaggi e della frutta. Senza di loro – spiega il ministro – moltissimi agricoltori lasceranno marcire nei campi o sugli alberi frutta e verdura. E – a detta del ministro renziano – gli italiani non sarebbero disposti a sostituire i migranti che ora non ci sono a causa della chiusura dei porti. Emma Bonino ha ampliato il discorso di Bellanova e ne ha fatto una questione anche economica: regolarizzare i migranti significherebbe fare incassare allo stato circa 3-4 miliardi di gettito fiscale in più all’anno. Dunque perché rinunciare a maggiori entrate?

Questo discorso non è, tuttavia, nuovo. In tempi non sospetti, quando  ancora non eravamo stati “invasi” dal Coronavirus, già lo scrittore Erri De Luca, sosteneva un concetto piuttosto simile. In un articolo a sua firma apparso sulla Repubblica verso la fine di ottobre 2019, De Luca scriveva: “In economia la rinuncia all’impiego di manodopera immigrata a basso costo è un atto di autolesionismo. Il supplichevole slogan Prima gli Italiani non riesce a convincere la nostra manodopera a lavorare nei campi a tre euro all’ora dall’alba al tramonto. Gli imprenditori agricoli si trovano costretti malvolentieri ad impiegare i secondi, i terzi, visto che i primi non si presentano”. E discorso analogo per badanti e collaboratrici domestiche. Insomma per l’intellettuale gli italiani non sarebbero più disposti a fare lavori umili. E, quando accettano di farlo, pretendono di essere pagati di più rispetto alla paga accettata dagli immigrati. Dunque a farne le spese – a detta dello scrittore – sarebbero poi gli imprenditori agricoli o i datori di lavoro che dovrebbero sborsare cifre più alte. Per questo – a suo dire – rinunciare alla manodopera immigrata sarebbe, per l’Italia, un atto di vero e proprio autolesionismo.

Il discorso di Erri De Luca si distanzia un po’ da quello di Bellanova e Bonino. Queste ultime, infatti, pur parlando anche di benefici in economici derivanti dalla regolarizzazione dei migranti, tuttavia parlano chiaramente anche di lotta allo sfruttamento e al caporalato. De Luca, invece, non sembra farne cenno.

L’articolo, almeno nelle intenzioni di chi lo ha scritto, voleva essere un’accusa del razzismo salviniano. Ma i risultati sono stati diversi e, a molti, è parso quasi una difesa dello sfruttamento degli immigrati. Tra i più indignati dall’articolo di De Luca, ci fu il giovane filosofo Diego Fusaro. Per il filosofo esperto di Aristotele, De Luca non solo non rispettava i lavoratori italiani, ma giustificava lo sfruttamento stesso. Queste – riportava Affari Italiani – furono le parole di Fusaro:  “Quelle di De Luca sono, ovviamente, le stesse parole del padronato cosmopolitico, del dumping degli sfruttatori senza frontiere. Libera circolazione e porti aperti: per deportare e sfruttare meglio. Questo è odio verso l’Italia e le sue classi lavoratrici”. 

 

Fonte: Repubblica, Affari Italiani

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