I guadagni delle persone provenienti dalla Nigeria sono raddoppiati in due anni, dice la DIA

Le 568 pagine del dossier semestrale della Direzione Investigativa Antimafia aprono un vaso di Pandora sulla Mafia nigeriana. Dalle inchieste condotte da oltre un ventennio emergono sempre più ruoli, dinamiche e distinzioni fra le varie cosche.

Mafia Nigeriana e crimini in Italia - Leggilo.Org

La Mafia nigeriana in Italia non è un fenomeno nuovo: la novità è rappresentata semmai dalla sua vertiginosa ascesa. E’ potente, autonoma, in grado di muoversi lungo il filo delle intese e della “pacifica” convivenza con le altre mafie presenti nel nostro territorio. L’ultimo rapporto della DIA evidenzia la loro organizzazione, la struttura e i principali mercati illeciti: droga, prostituzione e tratta di esseri umani e sottolinea i pericoli insiti nella loro evoluzione.

“Negli ultimi anni  – fino al 2000 Ndr – la criminalità nordafricana, che costituisce una realtà presente non solo in Italia ma estesa in tutto l’ambito dell’Unione Europea, si era orientata verso strutturazioni non stabili, mirate all’esecuzione di una o più progettualità criminali, con legami occasionali e non formalizzati in tipiche forme associative. Attualmente si è avuto modo di rilevare elementi qualitativi di evoluzione – si legge nel rapporto che sembrano dovere essere più compiutamente riportati alle dinamiche proprie del delitto associativo”. 

L’evoluzione della Mafia nigeriana

Secondo il report della Dia i principali elementi di evoluzione sono: La presenza di gruppi complessi e strutturati, soprattutto nel traffico internazionale di sostanze stupefacenti; la capacità di fornire assistenza legale ai propri membri; la capacità di assumere ruoli di comando all’interno di organizzazioni criminali transnazionali e multietnici, anche da parte di figure femminili, come le “Madame”: ex vittime di prostituzione entrate poi nel giro d’affari.; la possibilità di perpetrare attività illegali coordinate e corruttive all’interno delle strutture carcerarie.

E’ difficile quantificare i proventi illeciti derivanti dalle suddette attività criminali, anche se nel 2018 le rimesse di denaro dall’Italia verso la Nigeria – come rilevato dalla Banca d’Italia – sono state pari a 74,79 milioni di euro, il doppio di quelle del 2016. Ora, se consideriamo che il numero dei nigeriani regolarmente soggiornanti nel nostro Paese è di circa 105 mila in prevalenza uomini di cui circa 14 mila sono titolari d’imprese individuali, 6 mila sono invece imprenditrici – dal numero mancante all’appello si potrebbe dedurre, in via approssimativa, che una fetta delle rimesse in madrepatria siano di provenienza illecita. Tanto più se si considera che la comunità di nigeriani presenti in Italia ha il più basso tasso di occupazione ed il più alto tasso di disoccupazione, secondo i dati del Rapporto annuale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Secondo il rapporto della Dia sono le regioni del Nord a primeggiare per la quantità di operazioni sospette, con il 46,3%. Al Sud la percentuale è del 33,8% e al Centro del 18,7%. Secondo il rapporto, “il maggior numero di operazioni finanziarie sospette di ‘interesse istituzionale’ è indicativo di una mafia liquida che investe in questa parte del Paese in maniera occulta, utilizzando per i propri scopi delle teste di legno.
Sempre più spesso – si legge nel rapporto – ad aiutare la Mafia nigeriana sono persone estranee  alle organizzazioni criminali che “prestano la loro opera proprio per schermare e moltiplicare gli interessi economico-finanziari del gruppi criminali“. Sono persone, secondo la Dia, capaci di gestire transazioni internazionali da località off shore. Queste nuove modalità d’intervento permettono all’organizzazione di radicarsi nelle altre regioni italiane e nel mondo, “legando i propri interessi con quelli della realtà economica locale“.

Inchieste e conquista del territorio

Dopo oltre due decenni d’inchieste e grazie anche alla collaborazione dei primi pentiti, gli inquirenti sono riusciti a togliere qualche mattone dal muro omertoso di questa organizzazione. E’ possibile tracciare un quadro complessivo storico del fenomeno a partire dalla metà degli anni 90, con la prima inchiesta condotta nel 1996 raccontava Repubblica ben 23 anni fa. La Magistratura di Torino scoprì che l’Ambasciata di Lagos procurava visti per donne e uomini nigeriani, in cambio d’ingenti somme di denaro. Questa non è sicuramente la causa della presenza massiccia di nigeriani in Italia, ma di sicuro ha fatto da collante per un primo insediamento.

Mafia nigeriana, la necessità di comprendere

La DIA accentua l’approccio necessario alla comprensione del fenomeno. Nel rapporto si legge: Di grande rilievo è l’attenta e precomprensione di una delittuosità, come quella nigeriana, che, se letta per casi singoli, è destinata ad incidere unicamente sulla percezione della sicurezza di una delimitata area territoriale. È necessario, invece, saper leggere il fenomeno nel suo insieme (…) Saperlo comprendere come un vero e proprio macro-fenomeno, cui analisi non può prescindere dalla conoscenza delle sue origini e delle sue proiezioni internazionali: esattamente nello stesso modo in cui abbiamo imparato a comprendere e ad affrontare la ‘Ndrangheta e le altre mafie storiche autoctone, forti di un know how investigativo consolidato nel tempo e particolarmente competitivo a livello internazionale”. Parole che appaiono anche come un omaggio all’impegno e al metodo adottati da Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.

Dunque, da più parti, inizia a emergere la necessità di creare coordinamenti internazionali per stanare gli affari di questa organizzazione. Il fenomeno è in costante aumento e questo non vale solo per l’Italia: le confraternite nigeriane hanno ormai basi in tutto il mondo, con ramificazioni ben collaudate da paese a paese. Superato il periodo di vassallaggio con la nostra criminalità organizzata, la Mafia nigeriana ha fatto carriera e oggi è diventata, per pericolosità e diffusione, la seconda organizzazione più potente al mondo. La tregenda di ramificazioni fa pensare che il forte decentramento territoriale, più che mera casualità sia una sorta di progetto imprenditoriale dalle forti mire espansionistiche geopolitiche; insomma i Clan sarebbero dei veri e propri imprenditori del male.

L’iniziazione nella Mafia nigeriana

“Giuro di sostenere la Confraternita moralmente, spiritualmente, finanziariamente e in qualsiasi altro modo e se non lo faccio che l’avvoltoio spietato mi strappasse gli occhi. Da oggi giuro di sostenere questa confraternita con tutto il mio cuore con fiducia e convinzione e fratellanza”.

Questa è la formula di giuramento degli affiliati alla Mafia nigeriana registrata da una microspia piazzata nel quartiere palermitano di Ballarò dagli agenti della Squadra Mobile di Palermo. Così come avviene per tutte le cult, l’aspirante mafioso è sottoposto a un rito d’iniziazione: chi aspira ad esser parte del gruppo viene spogliato e spinto a terra, preso a calci e pugni, ferito e costretto a bere un intruglio composto dal suo sangue, dalle lacrime – sollecitate dallo strofinio di peperoncino contro gli occhi – e anche di alcool e tapioca. Non a caso i gruppi della Mafia nigeriana vengono definiti “cultisti”, proprio perché utilizzano alcuni riti derivanti da culti locali e tribali.

 

Da Nord a Sud: l’espansione della Mafia nigeriana

Di recente, nella Sicilia orientale, sono state smantellate alcune organizzazioni vicine ai Vikings. Questo gruppo sarebbe presente  anche in Emilia Romagna e, in particolare, a Ferrara, città recentemente sconvolta dalla rivolta di nigeriani in pieno centro. Un altro gruppo temibile è quello dei Maphite, ma sono diverse le Confraternite della Mafia nigeriana in Italia.

Come ogni mafia, anche quella nigeriana prende piede lì dove ci sono soldi ed interessi, ecco perché è sempre più radicata al Nord. La confraternita più presente è quella denominata “Eiye ”. Nel febbraio scorso la Polizia è riuscita a catturare, in Germania, il boss nigeriano Kenneth Ighodaro, detto “Ken”, che controllava le piazze di spaccio a Venezia e a Mestre e che sarebbe stato a capo di una delle bande Eiye più importanti. Il gruppo è stato smantellato nel blitz di via Monte San Michele, proprio a Mestre, nel luglio 2018. Di recente alcune operazioni dimostrano la presenza di questo clan a Torino, in Lombardia e anche in Sardegna.

Nel Sud la Mafia nigeriana riesce a colmare i vuoti lasciati dalle mafie locali, si arricchisce con il traffico di migranti e con il controllo di spaccio e prostituzione. In Sicilia Cosa Nostra lascia fare, e il perché lo spiega l’ex boss Giovanni Di Giacomo durante una conversazione intercettata in carcere, tra lui e il fratello Giuseppe nel 2013. Di Giacomo chiede del quartiere di Ballarò:  “Lì ci sono i turchi” dice il fratello, e a Palermo da più di mezzo secolo ” i turchi” sono le persone di colore. È per questo che Di Giacomo chiede delucidazioni: “Quali turchi?”- I nigeriani, ma sono rispettosi, mi vengono ad aspettare sotto casa per parlare, chiedere …e poi questi immagazzinano”. immagazzinare voleva dire che tra i meandri dimenticati di Ballarò si conservavano grosse quantità di droga. Un’ affermazione che, per gli inquirenti, spiegava chiaramente come Cosa Nostra a Palermo avesse dato la propria “benedizione” ai nigeriani di Black Axe avvalendosi del loro supporto logistico. A Castel Volturno i si trova la principale base di questo gruppo, dove lungo costa domiziana, in collaborazione con diversi clan nigeriani, organizzano la tratta di esseri umani e delle prostitute.

Fonte: Direzione Investigativa Antimafia, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Repubblica

 

 

 

 

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