Direttive del Viminale, la Procura di Agrigento apre un fascicolo

Un fascicolo sulle direttive del Viminale dirette alla Alan Kurdi – la nave dell’ong Sea Eye che il 3 aprile soccorse 64 migranti in difficoltà – è stato aperto dai pm della Procura di Agrigento. 

I giudici di Agrigento indagano sul caso Alan Kurdi - Leggilo

La Procura di Agrigento è sempre al lavoro, grazie al Vicepremier Matteo Salvini e alle nuove dinamiche relative alla linea di Governo assunta in materia migranti. Il nuovo fascicolo d’inchiesta riguarda l’Alan Kurdi, la nave dell’Ong Sea Eye battente bandiera tedesca. Facendo un passo indietro, la nave aveva soccorso, il 3 aprile scorso, 64 migranti in difficoltà e aveva ricevuto dall’Italia, dopo qualche tentennamento, il permesso di far sbarcare i migranti. Poi, un dietrofront per far sbarcare solo donne con figli, come riportato da Adnkronos. Alla fine, i migranti  – dopo diversi giorni e nonostante gli inviti da parte del Primo Cittadino di Palermo Leoluca Orlando – vennero fatti sbarcare a Malta.

I PM indagano sul caso Alan Kurdi

A finire nel mirino dei magistrati di Agrigento e del procuratore Luigi Patronaggio sono le direttive del Viminale date alla nave. Il Ministero dell’Interno aveva indicato la nave come “non inoffensiva”. L’eventuale transito in area “di competenza italiana” è stato considerato, secondo il Viminale, “necessariamente quale passaggio non inoffensivo”.

Intanto la nave Sea Watch 3, che ha soccorso 65 migranti, si trova al limite delle acque territoriali, come riportato dall’Ansa, ed è stata diffidata dalla Guardia di finanza e dalla Capitaneria di porto ad entrare in acque italiane. Per questo, starebbe facendo rotta verso la Tunisia. Le condizioni dei migranti sarebbe tutt’altro che serena, anzi, ci sarebbe allarmismo e preoccupazione. “Molti soffrono il mal di mare e sono a rischio disidratazione. La donna ustionata ha bisogno di trattamenti”, ha fatto sapere la nave su Twitter. “I bambini sono traumatizzati dalla permanenza nelle prigioni libiche e rischiano ulteriori danni psicologici“.

Ma il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ribadito la chiusura dei porti ed ha così commentato: “Erano prima in acque libiche e poi in acque maltesi, ma mettendo a rischio la vita degli immigrati a bordo vogliono a tutti i costi arrivare in Italia. Questi non sono soccorritori ma scafisti, e come tali verranno trattati. Per i trafficanti di esseri umani i porti italiani sono e rimangono chiusi”. E il vicepresidente del Consiglio aggiunge ancora, su Twitter: “Se qualche procuratore vuole indagarmi o processarmi anche per questo, faccia pure! Per difendere l’Italia e gli Italiani, non ho paura di niente e di nessuno”.

La sentenza della Corte UE – che impedisce i respingimenti dei migranti nei paesi d’origine, anche se non garantiscono sicurezza – non sembra avere incisione sulla normativa italiana sui porti chiusi. E sui trafficanti e i delinquenti, il Vicepremier ha annunciato un decreto sicurezza bis: nonostante i tentativi di minarne l’azione, viste le numerose e ripetute inchieste aperte a carico del capo del Viminale, questa sembra proseguire dritta per la sua strada.

Sea Watch 3 – aggiornamento 

Il Viminale ha autorizzato lo sbarco di sette bambini e dei loro genitori – sette madri e tre padri – che erano a bordo della Sea Watch 3, come riportato dall’Ansa. Con loro, anche una donna gravemente ferite. Le loro condizioni di salute infatti sarebbero piuttosto gravi. “Le autorità italiane hanno dato la disponibilità a far sbarcare le famiglie presenti a bordo, bambini, madri, padri. In corso il trasbordo su una motovedetta”, fanno sapere i responsabili dell’imbarcazione umanitaria.

Salvatore Vella, procuratore aggiunto della Procura di Agrigento, si trova a Lampedusa e si sta recando in banchina dove, fra non molto, dovrebbero giungere i 18 migranti autorizzati a sbarcare. Anche sulla Sea Watch è stato aperto un fascicolo a carico di ignoti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Fonti: Adnkronos, Ansa, Twitter Sea Watch 3, Twitter Matteo Salvini,

Impostazioni privacy