Bergamo, non si ferma e uccide una persona: dopo 15 anni ancora nessuna condanna

Un iter giudiziario che prosegue da 15 anni. Ancora nessuna condanna per un automobilista che nel 2007 travolse e uccise un motociclista.

Ansa

Era il 24 marzo del 2007 quando un automobilista – un imprenditore 60enne del bresciano – a bordo della sua Land Rover, impostando una curva a sinistra per entrare in un passo carraio, falciò e uccise il motociclista Ruben Barcella, che transitava nella direzione opposta di marcia. La tragedia si  consumò a Pedrengo, in provincia di Bergamo. Nel 2022, a distanza di ben 15 anni dall’incidente, ancora nessuna condanna. L’automobilista fu prima assolto , poi condannato, la Cassazione annullò la sentenza e ora il caso è di nuovo in Cassazione.  Assolto in primo grado dall’accusa di omicidio colposo, il conducente dell’auto fu condannato a otto mesi in secondo. Fu riconosciuto, però, un concorso di colpa in quanto anche la moto aveva violato il Codice della strada viaggiando a 75 km/h a fronte di un limite di 50. Condotte che – secondo i giudici – resero il sinistro imprevedibile e non evitabile. Da qui l’assoluzione del 60enne bresciano.

La sentenza fu poi  impugnata dalla Procura generale: per la pubblica accusa l’incidente non era affatto inevitabile. A smontare la ricostruzione, fu una seconda perizia nell’ambito del processo d’appello, secondo cui l’imputato al momento dell’investimento procedeva a 27 km/h e aveva già invaso la corsia dello scooter. Per evitare l’impatto fatale avrebbe dovuto fermarsi del tutto e dare la precedenza a Barcella. Così la Corte nel novembre 2013 ribaltò l’assoluzione e inflisse otto mesi. La Cassazione tuttavia annullò il verdetto. Il processo fu celebrato una seconda volta e questa volta si concluse con la conferma della precedente condanna a otto mesi di reclusione. Ma non è finita qui: infatti dopo 15 anni dalla tragedia la difesa  ha riportato il caso a Roma, in Cassazione. Dopo quindici anni Barcella e la sua famiglia non hanno ancora avuto giustizia. Come non hanno avuto giustizia le famiglie dei due cuginetti Alessio e Simone D’Antonio, uccisi a soli 11 anni da un automobilista ubriaco e drogato che li ha travolti mentre giocavano sul marciapiede davanti all’uscio di casa. Dopo una prima condanna a 9 anni, i giudici hanno annullato la precedente sentenza e l’automobilista è tornato libero.

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