“Con la terza dose saremo protetti per 10 anni”. Ma già si parla di quarta dose

L’immunologo Sergio Abrignani parla di una protezione fino a 10 anni con la terza dose del vaccino anti Covid. Tuttavia l’Agenzia europea per il farmaco già mette le mani avanti e prospetta una quarta dose.

Getty Immages/Alessio Coser

Pochi giorni fa il virologo milanese Roberto Burioni ha ribadito l’importanza di farsi inoculare la terza dose del vaccino anti Covid e il coordinatore della Lombardia Guido Bertolaso ha addirittura proposto di ritirare il Green Pass a chi rifiuterà la terza iniezione. E’ evidente, ormai, che solo due dosi non sono sufficienti a tutelare dall’infezione o meglio, dalla forma grave dell’infezione poiché il virus si potrà sempre contrarre anche dopo diverse dosi. Secondo l’immunologo Sergio Abrigani – membro del Comitato Tecnico Scientifico e professore all’Università Statale di Milano – la terza inoculazione potrebbe davvero fare la differenza e farci stare tranquilli per un periodo abbastanza lungo. L’esperto ha spiegato che la terza dose dovremmo farla tutti e non solo soggetti fragili o molto anziani: “Il nostro sistema immunitario come in questo caso, può aver bisogno di questa stimolazione per innescare una memoria di lungo termine che consenta di fare altri richiami non prima di 5-10 anni”. E ancora: “La terza dose va fatta soprattutto perché garantisce l’innesco di una memoria immunologica più duratura e quindi una copertura più completa. Unito a mascherina e rispetto del distanziamento mitiga di molto il rischio pur non annullandolo”.

Di diverso parere, tuttavia, sembra essere l’Agenzia europea per il Farmaco che già sta prospettando una quarta inoculazione di vaccino anti Covid almeno per i soggetti più fragili. Abrignani ritiene che l’Italia, comunque, sia molto avanti e abbia la situazione sotto controllo grazie all’introduzione del Green Pass obbligatorio che, come era prevedibile, ha spinto molti lavoratori e studenti a vaccinarsi non potendo tutti pagare un tampone di tasca propria ogni due giorni. Il medico è invece dubbioso sul modello austriaco, cioè un lockdown selettivo solo per chi non è vaccinato: “È una misura radicale e importante che premia o condanna, non necessaria in Italia. Noi abbiamo applicato un buon compromesso, chi non accetta il vaccino se vuole partecipare alla vita sociale fa il tampone”.

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