100 frustate, e Giulia viene espulsa dall’Aeronautica. Ma i giudici dicono che è colpa sua

Violenze, mobbing e, addirittura frustate: questo ha dovuto subire una giovane donna che, dopo aver denunciato, non è stata tutelata da nessuno.

Cento colpi di frusta. No, non è il titolo del celebre film di Francois Truffaut. E’ quanto ha dovuto subire la 21enne di Mira – Venezia – Giulia Schiff. La giovane allieva dell’Aeronautica Militare, aveva denunciato di aver subito abusi durante il battesimo del volo, svoltosi a Latina il 7 aprile 2018. Giulia aveva diffuso un video, in cui si vede che veniva colpita con una sorta di frusta, spinta contro l’ala di un aereo e poi buttata in una piscina. Un episodio bollato subito dall’Aeronautica come semplice goliardia. La giovane, vincitrice del 124° corso allievi ufficiali piloti di complemento, aveva preso servizio presso l’Accademia aeronautica di Pozzuoli, superando l’esame di volo da “solista”, e aveva conseguito il grado di sergente pilota, proseguendo poi la sua formazione a Latina. Ma, dopo aver denunciato gli atti di nonnismo subiti, la ragazza non solo era diventata il bersaglio dei colleghi che avevano iniziato a mettere in atto un vero e proprio mobbing, anche la sua valutazione di merito aveva subito una modifica verso il basso. Infatti la sua valutazione era misteriosamente diventata insufficiente e Giulia, dopo aver avuto  61 giorni di consegna, era stata infine espulsa.

Ora gli otto sergenti responsabili delle cento frustate andranno a giudizio. Il processo, nel Tribunale di Latina, inizierà il 5 novembre prossimo. Soddisfatto il legale di parte civile Massimiliano Strampelli: “Non poteva esserci alcun consenso di Giulia al rito di iniziazione visto che è stata colpita con 100 frustate”. Per il procuratore militare Antonio Sabino e il sostituto Antonella Masala i militari sotto accusa hanno offeso prestigio, onore e dignità di Giulia, usando contro la giovane donna una violenza tale da cagionarle  plurime escoriazioni ai glutei. Tuttavia, per il  momento Giulia, resta “a piedi”, ovvero senza lavoro. Dopo il Tar del Lazio, che nel marzo dell’anno scorso, aveva rigettato la domanda di reintegro, ora anche il Consiglio di Stato ha dato torto a Giulia valutando come infondato il suo ricorso contro l’espulsione e condannandola al pagamento delle spese processuali. I giudici parlano di “Inattitudine militare e professionale” non hanno ravvisato alcuna volontà di ritorsioni contro la donna per aver denunciato le vessazioni subite dai superiori.

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