“Quella di Riace è una storia di evangelizzazione” Mimmo Lucano dice la sua sulla sentenza

Intervistato da Fanpage Domenico Luciano, conosciuto da tutti come Mimmo l’ex sindaco di Riace, spiega il suo punto di vista sulla condanna “chi mi attacca non ha mai visto un rifugiato in vita sua”

Mimmo Lucano sentenza
Jamie Cristallo / Facebook

Ha deciso finalmente di dire la sua Domenico Lucano, ex sindaco di Riace che durante il suo mandato aveva creato nella sua città un modello d’integrazione mai visto prima ed estremamente funzionale, chiamato in seguito modello Riace, che lo ha reso famoso in tutto il mondo in un momento storico in cui l’immigrazione clandestina e incontrollata era la questione più spinosa da affrontare. Nonostante il “modello Riace” sia divenuto esempio d’eccellenza e simbolo di accoglienza, Mimmo è stato condannato a 13 anni e due mesi perché dietro a quel modello tanto apprezzato, i giudici del tribunale di Locri hanno visto una associazione a delinquere volta al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le accuse a carico di Lucano nello specifico sono abuso d’ufficio, truffa, peculato, falsità ideologica e turbativa d’asta, e la pena arriva a due giorni dal voto regionale per il quale Mimmo si era candidato con il gruppo Un’altra Calabria è possibile. La pena richiesta dal pm Michele Permunian era di 7 anni e 11 mesi, ma Lucano è stato condannato dal procuratore di Locri Luigi D’Alessio a quasi il doppio della pena.

Quando gli chiedono di parlare dell’accaduto, Mimmo risponde che saranno i fatti a parlare per lui, ma quando gli chiedono di commentare le interviste che D’Alessio e Permunian hanno rilasciato dopo il processo, nelle quali il procuratore D’Alessio ha affermato che Lucano aveva una sua cerchia ristretta di persone a lui sottomesse mentre tutti gli altri richiedenti asilo venivano spediti da lui nelle baraccopoli di Rosarno, non riesce a contenersi. Si chiede se il procuratore abbia mai messo piede a Riace “Lo ha mai incontrato un rifugiato di persona? Gli ha mai parlato?e continua “Le cose che ho letto sono come chiacchiere da bar, dove si dice ‘sai quello dice’ e l’altro dice ‘sai quell’altro dice'” poi afferma “preferirei morire piuttosto che cacciare via qualcuno e mandarlo nelle baraccopoli. Chi ha disposto di mandare via a forza la giovane Becky Moses, morta bruciata nella tendopoli a Rosarno il 27 gennaio 2018? Non certo io” rimettendo la responsabilità proprio al procuratore D’Alessio. É ovviamente amareggiato Mimmo nel pronunciare queste parole e continua a sottolineare che dopo la condanna non ha senso per un procuratore, se non quello di voler distruggere e umiliare, continuare ad accusare deliberatamente un condannato.

Quella di Riace è una storia di evangelizzazione, perciò vogliono scambiarla per storia giudiziaria e penale. Evangelizzazione e lotta sociale sono uguali perché vanno nella stessa direzione, l’uguaglianza tra le persone, per questo fa paura” dice Lucano.

Il giornalista di Fanpage ricorda a Lucano che nonostante tutto l’opinione pubblica sembra essere dalla sua, come buona parte della politica, tanto che alcuni suoi sostenitori hanno aperto un crowndfounding per aiutarlo a sostenere le spese legali, ma l’ex sindaco non lo accetta e ne fa una questione di orgoglio. Poi sulla dichiarazione di Salvini afferma “Su una cosa ha ragione Salvini: sono niente, ma questo mio essere niente e saper vivere di niente mi da forza. I consumi e i falsi bisogni del capitalismo su di me non hanno presa. Non è la condanna della mia vita materiale a impressionarmi”. Un’ultima nota sull’esperienza Riace, per la quale si ritiene orgoglioso del suo operato, orgoglioso di aver accolto chi viene ancora considerato uno “scarto umano”, e afferma “L’ospitalità è un valore che respiro da quando sono nato, i miei genitori mi hanno insegnato ad aprirmi al prossimo, a non chiudere le porte a chiave, a lasciarle sempre aperte. Anche da sindaco ho fatto così, il mio ufficio non aveva chiave, l’avevo perfino persa”.

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