“In gravidanza si tirava pugni in pancia. Era cattiva con lui” parla il papà del bimbo ucciso a Perugia

Lo ha ucciso e adagiato sul nastro trasportatore del supermercato in cui era entrata per chiedere aiuto, ora il padre di Alex, appena due anni, parla della madre e piange il suo “piccolo tesoro”

Alex Perugia padre
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É disperato e non ha nessuna intenzione di venire in Italia per il processo Norbert Juhàsz, il papà del piccolo Alex ucciso il 1 ottobre dalla madre Katalina Erzsebet Bradacs, 43enne di origine ungherese a Città delle Pieve in provincia di Perugia. La donna nel pomeriggio di venerdì 1 ottobre era entrata nel supermercato con il bimbo in braccio, l’aveva steso sul nastro trasportatore della cassa e aveva chiesto aiuto ai presenti dicendo che lei stessa aveva “trovato” il bambino in un campo in quelle condizioni. I soccorsi del 118 non hanno potuto fare nulla per il piccolo Alex che poco dopo il loro arrivo è stato dichiarato morto. Interrogata dai carabinieri la donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere, ma era palesemente confusa e ha fornito agli inquirenti versioni contrastanti. Il Messaggero ha intervistato il padre del bambino, Norbert, che non nasconde il suo dolore e afferma che Katalina non era in grado di fare la mamma e aveva mostrato atteggiamenti violenti, tanto da perdere la causa per l’affidamento del bambino che sarebbe rimasto con il padre; per questo la donna era fuggita con il piccolo ed era arrivata in Italia lo scorso 20 settembre.

Dopo una prima tappa a Roma, dove era stata accolta dalla Casa di Cristian, si era diretta a Chiusi per farsi ospitare da un suo ex datore di lavoro e poi il primo ottobre era arrivata in Molise nella frazione di Po Brandino, in provincia di Perugia, e si era rifugiata in una vecchia centrale Enel. Qui, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe ucciso suo figlio con 9 coltellate prima di portarlo nel supermercato e chiedere aiuto. Dopo l’accaduto la donna aveva mandato una foto del bimbo coperto di sangue al suo primo figlio 18enne con l’intenzione di farla arrivare al padre, nel messaggio aveva scritto “ora (Norbert) ha chiuso con suo figlio“. Nel 2016 alcune colleghe di lavoro di Katalina avevano sottolineato che la donna avesse dei seri problemi psichici e ora che è stata catturata, anche se lei continua a dichiararsi innocente, è stata trasferita in carcere perché ritenuta “socialmente pericolosa”. Norbert non ha dubbi sulla sua colpevolezza e parla di un piano “brutale” escogitato per vendicarsi di lui, nell’intervista ha detto “Ce l’ha fatta. Ha minacciato da tempo che avrebbe messo un punto, alla fine. Ha chiamato il suo altro figlio 18enne inviandogli una foto. Lui ha registrato la chiamata ed è andato dalla polizia con quella foto. É stato orribile. In quello scatto Alex aveva la maglietta piena di sangue. E quegli occhi chiusi”. 

Da tempo il padre sapeva che Katalina era una donna violenta e al Messaggero ha dichiarato che aveva atteggiamenti violenti anche prima della sua nascita: mentre era incinta si prendeva a pugni la pancia e minacciava di dare fuoco al bambino, era cattiva con lui e nonostante il giudice avesse disposto inizialmente un affidamento congiunto, la donna non gli permetteva di vedere il piccolo. L’uomo ha poi dichiarato che era riuscito a mettersi in contatto con la donna dopo la sua fuga, il 30 settembre, perché lei gli aveva chiesto dei soldi affermando di essere ancora in Ungheria. Norbert è sicuro che quando il bimbo è stato portato nel supermercato, verso le 3 del pomeriggio, fosse già morto, perché la foto del suo corpo era arrivata all’altro figlio intorno alle 12. Ora l’uomo è distrutto dice di non voler venire in Italia, e in lacrime pensa soltanto al suo “piccolo tesoro”: voglio solo riportare il corpicino di Alex in Ungheria” ha affermato.

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