Green Pass, i ristoranti: “non siamo sceriffi” e a scuola il preside rischia la multa

La situazione Green Pass ad oggi è ancora instabile: pochi controlli nei ristoranti, il problema dei costi e difficoltà a scuola e sui luoghi di lavoro. 

Ristoranti Italia Covid green pass
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Non chiediamo documenti a nessuno. Non siamo sceriffi” è ciò che hanno risposto i ristoratori italiani al Messaggero in un reportage sulla giornata di ieri, venerdì 6 agosto, primo giorno di applicazione del Green pass in Italia. Ciò che ne ha ricavato è che di controlli non ce ne sono stati per niente: i proprietari dei locali daranno al massimo una sbirciatina ai cellulari mostrati dai clienti, nulla di più. 

La situazione nelle scuole invece, almeno per ora e in previsione di settembre, è molto diversa. Multe salatissime per chi non rispetta la regola del Green pass: “chi non porterà il certificato a scuola o chi non controllerà che tutti ce l’abbiano, potrà ricevere una multa tra i 400 e i 3000 euro. Con un raddoppio per ogni comportamento reiterato” scrive Repubblica. I presidi delle scuole manifestano però molte perplessità per quanto riguarda i controlli, sicuri che troveranno difficoltà sia per controllare il personale, sia e soprattutto gli studenti.

Per quanto riguarda i luoghi di lavoro invece, secondo le statistiche, sono tutti d’accordo sulla campagna vaccinale e sono tutti favorevoli al Green pass, purché diventi una legge di Stato e non solo un accordo tra le parti. L’incontro tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, quello della Salute, Roberto Speranza, le associazioni datoriali e i sindacati, non ha dato molti frutti su decisioni definitive. Ciò che però è emerso, è che da oggi il Green pass sarà obbligatorio, per cominciare, nelle mense aziendali. Orlando riferisce “sono emersi degli spunti interessanti. Punti di vista differenti ma utili ad assumere le decisioni future.”

Uno dei problemi principali dei luoghi di lavoro, è l’applicazione e i costi che derivano dal Green pass obbligatorio. Maurizio Landini, il segretario generale della Cgil avverte che se il certificato dovesse divenire obbligatorio per legge anche nei luoghi di lavoro, le spese dei tamponi per chi non è vaccinato non può ricadere sul lavoratore e le aziende si rifiuterebbero di pagarli per loro. Anche per la Confcommercio il compito dei controlli non può essere affidato alle imprese. L’associazione dei commercianti ha invocato anche una minore rigidità del Garante della privacy riguardo le informazioni su vaccini e Green pass in azienda. A prendere le difese delle imprese, anche la Confesercenti: l’associazione sostiene che sia necessario definire bene i parametri dell’intervento, che deve essere graduale, adeguato nei tempi e non deve scaricare troppe responsabilità alle imprese. L’Alleanza delle Cooperative ha dichiarato che il Governo dovrebbe estendere l’obbligo del vaccino ad altre categorie e professioni, ma non lasciare le aziende da sole nella gestione.

Un’altra problematica è quella degli artigiani e delle micro imprese. La Cna ha chiesto maggiore chiarezza nelle norme, soprattutto per la categoria artigianale e per le piccole imprese, attività che svolgono il proprio lavoro a diretto contatto con i propri clienti. Il sindacalista e leader Uil Pierpaolo Bombardieri, ha dato la disponibilità a migliorare i protocolli di sicurezza, ma si è dichiarato contrario a un possibile uso surrettizio del Green pass se questo dovesse cambiare le mansioni dei lavoratori, licenziare o modificare l’organizzazione, magari differenziando due ambienti: per i vaccinati e quelli non vaccinati.

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