Roma, 12 tra medici e infermieri positivi dopo averlo ricevuto le due dosi del vaccino Pfizer

Ben 12 tra medici e infermieri delle Asl di Roma sarebbero risultati positivi ai tamponi di controllo dopo aver ricevuto entrambe le dosi del Vaccino anti-Covid Pfizer.

Roma, 12 tra medici e infermieri positivi dopo il vaccino
Filippo Monteforte/Getty Images/Archivio

Mentre nella giornata odierna si registrano altri 347 morti di Covid in Italia, una notizia che giunge dalla Capitale preoccupa in chiave campagna vaccinale: sono infatti 12 i membri del personale sanitario risultati positivi dopo aver ricevuto entrambe le dosi di vaccino Pfizer. Una notizia che, diffusa nelle ultime ore, sta destando preoccupazione nel personale già vaccinato e, in generale, nel mondo scientifico: nel caso di queste 12 persone, infatti, la duplice somministrazione del trattamento non è bastata a scongiurare che il personale medico si infettasse.

A evidenziare questi casi son i report redatti dalle Asl romane, secondo le quali, in seguito a un controllo di routine, sarebbe emerso che ben 12 soggetti – tra medici e infermieri – sono risultati positivi al Coronavirus nonostante avessero già portato a termine il percorso vaccinale. Più in particolare, nella Asl Roma1 a risultare positivo è stato un infermiere dipendente di una casa di cura a Monte Mario; la stessa cosa è accaduta per operatori delle Asl Roma 3 e 4, con casi di operatori positivi dopo il vaccino tra il personale di un ospedale al Torrino, all’Aurelia Hospital e al San Camillo. Ma la zona della Capitale dove questo fenomeno ha preso maggiormente piede sarebbe quella del quadrante Est, con la Asl Roma 5 che – coprendo un territorio particolarmente vasto, esteso da Tivolo a Guidonia, da Monterotondo a Colleferro – sarebbe stata quella più bersagliata dalle positività: ben 9 soggetti tra medici e infermieri.

Secondo le informazioni a disposizione, i contagi non rientrerebbero in un unico focolaio: a confermarlo è Alberto Perra, esperto di Epidemiologia applicata e salute di popolazione e direttore del Servizio di Igiene e Sanità pubblica locale, che ha sottolineato come i sanitari trovati positivi al tampone lavorino in strutture diverse e vivano in differenti zone di Roma. Anche la Società italiana di malattie infettive cerca di fare chiarezza sul caso, conducendo un’analisi su 4 sanitari risultati contagiati dopo aver ricevuto il vaccino. Intanto, dal direttore scientifico Massimo Andreoni, arriva una importante sottolineatura: secondo il virologo del Policlinico di Tor Vergata, infatti, la positività di soggetti già sottoposti a vaccinazione non rappresenterebbe necessariamente la scarsa efficacia del trattamento: tutti i casi fin qui riscontrati, infatti, sarebbero completamente asintomatici. E se, come spiega ancora Andreoni, l’obiettivo del vaccino è quello di “bloccare la malattia, non bloccare l’infezione“, si può ritenere che il farmaco abbia ottenuto il risultato sperato nonostante la positività di alcuni soggetti.

Da chiarire, rimane però un importante aspetto: chi è stato trovato positivo dopo il vaccino è in grado di infettare coloro con cui dovessero entrare in contatto? Una domanda che rimane, per il momento, senza risposta: i dati a disposizione non sono infatti sufficienti a tracciare un quadro abbastanza chiaro della situazione e il Ministero della Salute ha per questo raccomandato alle Regioni che si utilizzi la massima cautela. Per il momento, quindi “al vaccinato si applicano gli stessi provvedimenti di un non vaccinato“, compresa nei casi previsti dai protocolli di sicurezza, la quarantena. “Non abbiamo evidenze scientifiche che il vaccinato positivo al Covid sia contagioso o no. In assenza di studi approfonditi, non possiamo trarre conclusioni. E’ presto“, ha spiegato l’infettivologo dell’Ifo Luigi Toma.

Anche nel campo delle malattie classiche, la vaccinazione non sempre mette a riparo dalla possibilità di infettarsi, pur garantendo nella stragrande maggioranza dei casi che l’eventuale malattia si presenti in forma asintomatica. Per quel che riguarda la trasmissibilità, invece, molto dipende anche dal tipo di paziente e dal ceppo virale che lo ha infettato: tema particolarmente complesso, questo, data la crescente presenza sul territorio italiano di varianti virali provenienti dall’estero.

 

 

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