Dpcm uno dopo l’altro e ora la ristorazione rischia di finire nelle mani della Mafia

L’ombra delle mafie si allunga sul settore della ristorazione, gravemente colpito dalle chiusure imposte dai Dpcm.

I Dpcm mettono in crisi la ristorazione
Giuseppe Conte/Adam Berry, Getty Images

L’iniziativa di protesta #ioapro, messa in atto nei giorni scorsi da moltissimi ristoratori in tutta Italia, evidenzia ancora una volta le gravi difficoltà che il settore della ristorazione sta attraversando, nel nostro Paese, a causa delle restrizioni anti-Covid imposte dal Governo. Una crisi che sembra non avere fine, con chiusure imposte in quasi tutta Italia e, per chi ha la fortuna di rimanere aperto, la rinuncia al servizio serale – nella maggior parte dei casi il più redditizio.

Non è un caso che siano moltissime le attività che in questi mesi si siano ritrovate a dover chiudere i battenti definitivamente: a fronte dello stop agli introiti – e con ristori che non possono in alcun modo garantire entrate paragonabili a quelle di un’attività a pieno regime – molti gestori si trovano comunque a dover pagare affitti, fornitori, tasse. Spese che per molti non sono più sostenibili.

Sulla categoria della ristorazione, proprio in conseguenza di questa crisi, si starebbe ora allungando l’ombra della malavita organizzata. Le mafie, infatti, oltre ad aver rilevato un cospicuo numero di attività, starebbero approfittando della situazione anche attraverso l’usura. A metterlo in evidenza sono le indagini del Nucleo di Polizia economica e finanziaria della guardia di finanza di Catania, che ha recentemente arrestato Giuseppe Luigi Celi, trentaduenne strozzino catanese legato secondo gli investigatori delle Fiamme gialle a  personaggi appartenenti alle famiglie mafiose del clan Santapaola-Ercolano. Per questa ragione all’usuraio, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, è stata contestata l’aggravante di aver agito con metodo mafioso, oltre a quella di aver perpetrato il reato di usura nei confronti di un imprenditore che si trovava ad attraversare difficoltà economiche: a causa della crisi dovuta alla pandemia, il ristoratore aveva chiesto in prestito a Celi 3.500 euro, trovandosi a dover restituire un importo maggiorato addirittura dl 120%.

Il caso di Catania descrive bene una situazione estesa a tutto il territorio nazionale: il rischio, concreto, è che la malavita organizzata possa trarre profitto dalla pandemia. Potendo contare su una massiccia disponibilità economica, le mafie sono infatti pronte ad acquistare attività in crisi o a intervenire con prestiti usurari.

La stessa iniziativa di protesta lanciata sul web da migliaia di ristoratori italiani testimonia come per molti di loro la situazione sia ormai divenuta insostenibile. Le aperture dei giorni scorsi, però, hanno portato ai titolari delle attività “ribellimulte e chiusure obbligatorie imposte dalle Forze dell’Ordine, intervenute per sanzionare il mancato rispetto delle norme introdotte dal Governo. In loro sostegno, in un’iniziativa fortemente simbolica, interviene ora l’avvocato Marco Valerio Verni, che ha dato la propria disponibilità a prestare gratuitamente  servizio per le cause legali che i ristoratori sanzionati dovessero trovarsi ad affrontare. “Ho deciso di schierarmi al fianco dei ristoratori, perché è ammirevole la loro dignità nel far valere i propri diritti. La loro è una forma di protesta pacifica e civile, non paragonabile ai disordini generati da coloro che scendono in piazza solo con l’esclusivo scopo di creare tafferugli”, ha detto il legale a Il Giornale.

Verni è per altro convinto di poter dimostrare l’illegittimità dei provvedimenti adottati per imporre le chiusure dei ristoranti: “Attraverso un Dpcm non si possono limitare diritti costituzionalmente garantiti e libertà individuali“, spiega l’avvocato, che poi evidenzia il rischio che a trarre vantaggio da questa crisi possa essere la malavita organizzata: “Indubbiamente questa situazione non fa che andare a vantaggio delle organizzazioni criminali e delle mafie. Chi va in crisi potrebbe ricorrere a prestiti da parte di organizzazioni criminali per poi dover restituire il tutto a tassi usurari“. Un tunnel dal quale si può uscire soltanto in due modi: “lazienda viene acquisita dalla criminalità o l’esercente è condannato ad estinguere un debito che non finirebbe mai, vivendo sotto ricatto. Le mafie stanno probabilmente godendo della possibilità di mettere in campo un vero e proprio welfare sociale provvedendo ad elargire prestiti“, conclude Verni.

 

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