Il premier è convinto di restare a Palazzo Chigi, e ora alza la voce: “Decido io”

Il Premier Giuseppe Conte fissa alcuni paletti prima della resa dei conti con Matteo Renzi: su Mes, Servizi e Next Generation EU, il Presidente del Consiglio non sembra disposto a cedere. 

Conte non cede. Il premier, alle prese con una delicatissima verifica di Governo, non vuole rimanere fermo in balia della strategia del leader di Italia Viva Matteo Renzi – che da settimane agita contro di lui lo spettro della crisi di Governo – e non intende rinunciare a ruoli e poteri che aveva pensato per sé e che ora i leader della sua Maggioranza vogliono sottrargli. La tregua di Natale sembra destinata a durare pochissimo.

“Avanti solo se c’è la fiducia di tutti”

Nel corso di un’intervista rilasciata a Porta a Porta, Conte ha fatto capire di non essere disposto a cedere su tutto. Dal suo punto di vista, ha già fatto i passi in direzione degli alleati. Ora spetta loro andargli incontro per trovare un punto d’accordo. Così, il Premier fissa alcuni paletti e sembra voler mandare un segnale: “Qui comando io“, pare dire agli alleati riottosi. “Io sono disponibile a discutere di tutto, ma nel segno della funzionalità degli interessi generali e non delle singole forze di Maggioranza“, dice con un riferimento neanche troppo velato ai comportamenti di chi ha cercato nelle ultime settimane di sparigliare per ottenere posizioni di maggior rilievo. “Io sono sempre alla ricerca di soluzioni, ma qualsiasi altra soluzione che non sia nell’interesse del Paese non mi riguarda“, rincara Conte: le logiche di bottega, pare voler dire alle forze politiche che sostengono il suo Governo, mettiamole da parte. “Si va avanti, ma solo se c’è la fiducia di tutti. Ne rispondo al Parlamento e al Paese“, dice sfidando gli alleati-rivali.

L’addio alla task force

Il messaggio è chiaro: andare avanti, trovando un compromesso. Ma l’ipotesi di un ridimensionamento del Premier non è sul tavolo. Almeno secondo Conte, disposto a giocarsi la partita a scacchi della verifica di Maggioranza fino all’ultimo. E quindi, mentre conferma che la task force sui fondi europei “è stata superata perché non è mai esistita“, rilancia sottolineando che “una struttura di monitoraggio serve“, così come servono manager esperti per gestire al meglio i soldi: l’Italia, dice Conte, ha “una capacità amministrativa di spendere risorse pubbliche molto modesta“. La task force sarà pure saltata, ma sulla gestione del Recovery sembrano ancora molti i punti di attrito con Renzi.

La delega sui servizi

Ma la questione più spinosa riguarda la tanto delega sui Servizi, oggetto delle ire di Italia Viva e di buona parte del Partito Democratico. Secondo l’ex sindaco di Firenze, la delega va affidata a un tecnico ma la legge attribuisce al Premier “la responsabilità giuridica, operativa e politica” rispetto all’intelligence. Anche volendo “non mi potrei sottrarre“, rintuzza Conte, che sul tema appare deciso a non indietreggiare. Al contrario, avanza con passo spedito per mettere all’angolo le “varie forze politiche” che “vorrebbero l’autorità delegata“. Ma in passato, ricorda Conte, “questa autorità era dello stesso partito del presidente, una persona di sua fiducia. Costituire perla prima volta una struttura bicefala sarebbe un’anomalia“. Sui Servizi l’avvocato punta al bottino pieno, tanto che negli ultimi giorni è saltato fuori un suo vecchio pallino: l’istituzione di un Centro nazionale di ricerca e sviluppo per la cybersecurity: non è più una fondazione, ma la sostanza sembra essere davvero simile alla proposta già bocciata nelle scorse settimane da PD e Iv.

Il Mes

Infine, il Mes, terreno di scontro tra le forze di Maggioranza e oggetto – negli ultimi giorni – di uno dei continui giochi a rialzo di Matteo Renzi. Conte però sa bene che attivare il Mes significherebbe far sprofondare in dilanianti polemiche interne – il Movimento 5 Stelle, che del suo Governo è il principale azionista. E frena: “Possiamo fare tutti i discorsi del mondo ma i 36 miliardi ci porterebbero ad accumulare deficit, quindi ricadrebbero sul debito pubblico. Non possiamo lasciare un fardello sulle generazioni future“, spiega il Presidente del Consiglio, che  dribbla le domande sul rimpasto e sull’ipotesi di istituire due vice-premier, come accadde in occasione del suo primo Governo: “Non posso alimentare un chiacchiericcio. I partiti non mi hanno chiesto niente“, taglia corto.

Tensione altissima in Maggioranza

La tensione in Maggioranza rimane altissima: emblematico alla Camera il voto contrario alla risoluzione sul Tav – che proponeva di rinegoziare con l’Unione Europea il peso dei finanziamenti dell’opera – espresso dal Movimento ha mandato su tutte le furie Italia Viva e il PD, che manda messaggi di insofferenza; il vicesegretario Andrea Orlando ha avvertito, con riferimento al Recovery  Fund: “Occorrono un calendario e un cronoprograma perché gestire 209 miliardi è una sfida enorme“. Renzi è ancora più netto: “Tutti i nodi sono ancora sul tavolo, se non si sciolgono, sapremo cosa fare“.

 

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