Il nostro Paese è quello con il maggior numero di morti di Covid in relazione al numero di abitanti. Ma non è dovuto all’età avanzata della popolazione.
L’Italia è indietro sulla campagna vaccinale anti Covid e l’imprevisto della variante inglese del virus unito ai ritardi sulla tabella di marcia dell’azienda Sanofi, rischiano di far slittare l’inizio ufficiale delle vaccinazioni di qualche settimana. Ma c’è un numero nel quale l’Italia ha superato gli altri Paesi europei ed extraeuropei, c’è una cifra nella quale l’Italia è prima al mondo: il numero di morti in relazione al numero di abitanti. L’Italia ha registrato 111 decessi ogni 100mila abitanti. E ciò non può essere dovuto solo al fatto che il nostro è un Paese abitato, prevalentemente da anziani. perché anche in Giappone l’età media degli abitanti è elevata eppure il numero di decessi collegati al Coronavirus è inferiore al nostro. Ad influire negativamente sulla diffusione del virus – specialmente durante questa seconda ondata – e, quindi, sul numero di morti, possono essere intervenuti altri fattori. In primis lo stato di conservazione dei farmaci da impiegare in caso di pandemia. Ogni Paese deve avere un deposito farmaci da poter usare prontamente durante le emergenze pandemiche. L’Italia ne ha uno peccato che sia una specie di discarica situata nella periferia della Capitale. Non solo: è stato rilevato che molti dei farmaci da impiegare in caso di pandemie come quella che stiamo attraversando sono scaduti.
Il secondo elemento che può aver contribuito a far salire in misura sproporzionata il numero dei decessi sono i tamponi. Gran parte dei tamponi utilizzati in Italia si sono rivelati inaffidabili. Infatti un tampone, per essere attendibile, deve essere processato entro 48 ore. Se processato in questo breve arco temporale può essere conservato a +4 gradi. Ma se, invece, viene processato dopo 48 ore, allora deve essere conservato a -80. In Italia, non si sa se per negligenza o se per scarsa conoscenza, è emerso che in alcune regioni – tra cui il Lazio di Nicola Zingaretti – i tamponi venivano processati anche dopo dieci giorni ma senza essere stati conservati alla temperatura giusta. Pertanto i risultati potevano essere errati e persone positive al virus potrebbero essere risultate negative. Ma se una persona positiva crede di essere negativa e continua a svolgere la vita di sempre, può contgiarne moltissime altre e tra queste qualcuno – o più di qualcuno – potrebbe rimetterci la vita. Dunque quanto l’errata conservazione dei tamponi potrebbe aver influito sulla diffusione del Covid e sul numero dei morti? L’inaffidabilità dei tamponi ha dimostrato di aver giocato un ruolo importante nel veneto di Luca Zaia che pure, da sempre, vanta una sanità super efficiente e, infatti, è tra le pochissime Regioni rimasta sempre in fascia gialla. Ma il Veneto ha fatto ampio utilizzo di tamponi rapidi che sono molto meno affidabili rispetto ai test molecolari. Pertanto se uniscono i due elementi – nessuna restrizione in quanto regione gialla e tamponi poco affidabili – ciò potrebbe aver reso il Veneto il territrio con il maggior numero di morti di Covid in questa seconda ondata.
In Italia sono stati impiegati ben 78 tamponi diversi per fare le diagnosi di Covid. Ma di questi nessuno è stato validato né certificato né approvato preventivamente. L’inaffidabilità dei tamponi utilizzati è stata riconosciuta anche dalla Commissione europea e dall’Istituto superiore della Sanità. La denuncia è arrivata a novembre dal Codacons e dall’Associazione europea del malato che hanno presentato un esposto in ben 9 procure italiane. La richiesta è di compiere accurate indagini per i reati di truffa aggravata, procurato allarme, falso ideologico e omicidio colposo. Un gruppo di esperti e ricercatori di fama internazionale è giunto alla conclusione che i risultati dei tamponi sono del tutto inattendibili e, pertanto, continuare a basarsi su questi risultati per continuare a fare proclami sullo Stato di Emergenza prendere decisioni in merito a chiusure, lockdown e limitazioni ai cittadini, alle imprese, alle scuole e alle famiglie è del tutto privo di fondamento scientifico. I tamponi anti Covid producono fino al 95% di falsi positivi, come certificato dall’Istituto superiore della Sanità. Lo stesso Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese è stato un caso di falso positivo. Pertanto, ad oggi, non esiste un marcatore certo del virus. Inoltre si ipotizza che dietro il gran numero di tamponi e falsi positivi possa nascondersi un grosso business ospedaliero. Lo stesso Guido Bertolaso, ex capo della Protezione Civile, ha ammesso che gli ospedali non si privano dei malati Covid per quanto viene loro riconosciuto per ogni ricovero.