Conte, ultimi divieti per Natale. Ma il 28 dicembre potrebbe essere il suo ultimo giorno

Oggi il via alla verifica di Governo per considerare le modifiche alla governance del Recovery Fund chieste a gran voce da Italia Viva. Ma la partita è ben più ampia e mette in discussione l’esistenza stessa dell’Esecutivo, con Matteo Renzi pronto a staccare la spina. 

Una verifica di Governo diversa da quelle cui l’Italia è abituata. E’ questo quello che immagina il Premier Giuseppe Conte – costretto a mediare con le forze di Maggioranza dopo il forcing di Matteo Renzi nelle ultime settimane – convinto del fatto che la situazione vada gestita in modo profondamente diverso dalle modalità della “vecchia politica“. E allora, prima di riunire tutti i leader dei partiti di Maggioranza attorno ad un tavolo per discutere di incarichi, il Presidente del Consiglio vuole incontrare singolarmente le varie forze politiche, confrontarsi con loro e solo dopo tirare le somme in una riunione generale con i capi della coalizione. Il tutto, naturalmente, a condizione che Italia Viva non imprima un’ulteriore accelerata al processo, magari ritirando i propri Ministri dall’Esecutivo e aprendo la crisi.

In questo senso, una data è cerchiata in rosso sul calendario di Matteo Renzi: il 28 dicembre. Quella è la scadenza. Prima di allora, nei piani dell’ex sindaco di Firenze, Conte dovrà aver accolto tutte le richieste avanzate da Italia Viva in merito al Recovery Fund e dovrà aver chiesto scusa agli alleati per l’approccio dirigistico avuto nel disegnare la governance che dovrà gestire i fondi. Se così non fosse, la resa dei conti sarebbe inevitabile, con Renzi pronto a staccare la spina al Governo ed aprire una crisi i cui possibili sbocchi rimangono attualmente imponderabili. Una decisione che, oltre a chiudere l’esperienza di questo Governo, porterebbe molto probabilmente al tramonto definitivo dell’alleanza giallo-rossa.

Al d-day mancano 14 giorni: abbastanza perché lo scenario si trasformi e prenda le pieghe più imprevedibili. Molto, chiaramente, dipenderà da quante e quali aperture Conte vorrà concedere alle proteste renziane. Si inizia oggi, con il Premier che incontrerà alle 16:30 la delegazione del Movimento 5 Stelle e, subito dopo, quella del Partito Democratico. Nei giorni successivi, toccherà a Leu ed Italia Viva. Un confronto che dovrebbe portare nel giro di qualche giorno ad un accordo capace di ricompattare la Maggioranza. Per raggiungerlo, Conte è pronto a rivedere i piani sulla gestione del Recovery Fund, aprendo a modifiche sia alla task force tanto contestata da Renzi che alla ripartizione dei fondi prevista dalla bozza arrivata in Consiglio dei Ministri.

Probabile, per esempio, che la cifra destinata al rafforzamento del sistema sanitario sia rivista al rialzo: dai 9 miliardi inizialmente previsti si potrebbe addirittura arrivare al doppio. A questo si aggiungerà quasi certamente una modifica sostanziale alla cabina di regia fin qui ipotizzata, che potrebbe anche veder saltare quel triumvirato – composto da Conte insieme ai Ministri dell’Economia Roberto Gualtieri e dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli – che aveva mandato su tutte le furie Italia Viva, esclusa dal vertice della  struttura piramidale.

Che la situazione sia estremamente fluida, con tutte le parti in causa che cercano di giocare al meglio le proprie carte senza però avere certezze sulle mosse altrui, lo testimonia Maria Elena Boschi, fedelissima di Renzi e pronta a frenare sull’ipotesi di aprire davvero una crisi di Governo: “Non vogliamo nessuna crisi. Conte ha detto che ha i ministri migliori del mondo e quindi per noi anche l’argomento rimpasto è chiuso. Però non siamo yesman“. Rassicurazioni di facciata. Ma se appare improbabile che Italia Viva decida effettivamente di rinunciare ad un rimpasto, quel che è certo è che per il PD il voto rimane l’unica strada percorribile qualora Italia Viva dovesse decidere di far saltare il banco, dal momento che Renzi non ha mai proposto a Zingaretti un nome alternativo per sostituire Conte e che, trapela dal Nazareno, l’ipotesi di mandare Di Maio a Palazzo Chigi non è tra quelle prese in considerazione. Di più: per i dem – ma su questo sembra esserci piena sintonia anche con i 5 Stelle – non esistono le condizioni per formare un nuovo governo.

 

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