Il decreto di Conte salva il padre di Olivia Paladino dalla condanna: è l’unico in Italia

Il “suocero” del Premier, Cesare Paladino, è l’unica persona in Italia cui è stata applicata retroattivamente la norma introdotta da Giuseppe Conte che depenalizza il mancato versamento delle tasse di soggiorno. 

L'intervento di Conte salva il suocero Cesare Paladino
Giuseppe Conte/Facebook Giacomo Gerlin

Continua a suscitare polemiche la norma – introdotta nel maggio scorso nel decreto rilancio per volontà del Premier Giuseppe Conte – che interviene a depenalizzare il ritardato o mancato versamento della tassa di soggiorno ai comuni da parte di alberghi e strutture ricettive. La ragione delle contestazioni è legata al fatto che il “suocero” del Presidente del Consiglio – Cesare Paladino, padre di Olivia, proprietario del Grand Hotel Plaza di Roma – è incappato, nel periodo tra il 2014 ed il 2018, proprio in questo reato, non versando al comune di Roma gli importi relativi alle tasse di soggiorno puntualmente pagate dagli ospiti della struttura, per un totale di poco inferiore ai 2 milioni di euro.

Fino all’introduzione della norma voluta da Conte, un comportamento di questo tipo configurava il reato di peculato. Tanto che Paladino, finito con quest’accusa davanti al Tribunale di Roma, aveva deciso di restituire – circa un anno fa – i soldi non versati, aggiungendo gli interessi maturati ed un piccolo risarcimento e concordando con la Procura un patteggiamento che aveva portato il padre della compagna del Premier ad essere condannato ad una pena di un anno, due mesi e sette giorni. Una sentenza passata in giudicato, visto che essendo frutto di un patteggiamento, né accusa né difesa avevano inoltrato un ricorso.

Un’importante novità, però, è arrivata proprio con l’introduzione nel decreto di rilancio di una norma che trasforma la fattispecie che aveva visto coinvolto Paladino in semplice illecito amministrativo, punito con una multa da pagare e senza alcun tipo di sanzione penale. Una volta convertito in legge il decreto, il suocero del Premier ha attivato i propri legali al fine di richiedere che la condanna a suo carico fosse rivista valutando retroattivamente gli effetti del cambiamento normativo. Una scelta analoga a quella fatta da molti altri albergatori incappati in problematiche analoghe. La differenza tra il caso Paladino e gli altri, però, sta nell’esito: soltanto nel caso del padre della compagna di Conte, infatti, il ricorso è stato accolto, nonostante la contrarietà della Procura di Roma. “Il fatto non è previsto dalla legge come reato“, si legge nella sentenza che revoca la condanna penale inflitta all’albergatore. Questo nonostante su casi analoghi si fosse espressa, in modo opposto e con motivazioni piuttosto nette, anche la Corte di Cassazione

Difficile, alla luce della piega presa dagli eventi, continuare a sostenere, come più volte fatto da ambienti di Maggioranza e dallo stesso Conte, che l’intervento normativo non fosse dettato da esigenze prettamente personali. E in un Paese come l’Italia, in cui la polemica sulle leggi ad personam ha una lunga tradizione che ha coinvolto, in passato, sia Silvio Berlusconi che Matteo Renzi, l’episodio sul “suocero” del Presidente del Consiglio riesce comunque a rappresentare una sorta di unicum, dal momento che gli effetti della nuova norma, per ora, hanno riguardato esclusivamente il signor Paladino.

Ma c’è di più: in questo modo il padre della compagna di Conte è riuscito a scongiurare gli effetti peggiori della legge in vigore all’epoca dei fatti – con l’annullamento della condanna penale – ma anche a scampare l’aumento di sanzione amministrativa conseguente alla modifica della norma, quest’ultimo inefficace retroattivamente, che avrebbe comportato per lui il pagamento di un importo maggiore di quello sborsato in fase di patteggiamento.

 

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