Conte dice che il piano per il vaccino arriverà presto. Ma potrebbe essere troppo tardi

L’Italia rientra tra i Paesi che beneficeranno degli accordi della Commissione Europea con le aziende produttrici del vaccino anti-covid. Ma in ambito nazionale, il piano di vaccinazione è ancora tutto da fare.

Presidenza del Consiglio dei Ministri. Giuseppe Conte

La grande notizia della settimana, o almeno una delle poche buone notizie, è la possibilità sempre più concreta di avere un vaccino anti-covid efficace e sicuro in tempi relativamente brevi. A produrlo saranno la Pfizer e la BioNTech, e si spera che la distribuzione inizi a dicembre. Sono tantissimi i Paesi già in coda per assicurarsi le dosi, e tra questo l’Italia. Ma perché un vaccino abbia effetto su una determinata popolazione non basta che sia prodotto. Sembra un’affermazione ovvia, ma non lo è. Da che inizia la produzione a che arrivi in maniera capillare sul territorio, ce ne vuole. Basta vedere cosa sta succedendo con i normali vaccini anti-influenzale che, a causa della attuale pandemia, non arriva a sufficienza nelle farmacie e presso i medici di base. Quindi una volta fatti i dovuti – ma prudenti – festeggiamenti sulla possibile scoperta di un vaccino anti-covid, ora è necessario più che mai prepararsi per tempo.

Non a caso quello che la Commissione Europea ha firmato ieri con BioNTech per conto di tutti i 27 Paesi sarà il quarto contratto di acquisto delle dosi del vaccino, non il primo. La strategia della Commissione è stata delineata da tempo, e il contratto dell’Unione con Pfizer/BioNtech, come ha annunciato la stessa presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, servirà all’acquisto di ulteriori 200 milioni di dosi, con l’opzione per altre 100 milioni di dosi. Gli altri contratti sono stati con la società Sanofi-GSK, Janssen (che fa parte delle industrie Johnson & Johnson), Cure Vac e Moderna. Il primo contratto risale allo scorso giugno, ed è stato firmato con AstraZeneca per un approvvigionamento di circa 400 milioni di dosi. L’accordo con Astra Zeneca vede come promotori Olanda, Germania e Francia, insieme all’Italia, che rientra ovviamente, in quanto Stato membro, negli accordi presi dall’Unione Europea con le aziende di produzione.

Sul piano nazionale invece, il percorso è tutto da costruire. Ogni singolo Paese dovrà organizzare un piano di vaccinazione, e nel caso dell’Italia, il piano per i vaccini sembra essere ancora agli albori. Il tre novembre si sarebbe tenuta una prima riunione al Ministero della Salute, con la istituzione di gruppo di lavoro che coinvolgerà diversi enti: ministero, Istituto superiore di sanità, italiana del farmaco, Istituto Spallanzani e la struttura commissariale per l’emergenza guidata da Domenico Arcuri. Il lavoro sarà coordinato dal direttore generale della Prevenzione del ministero, Gianni Rezza. Il gruppo, come ha informato Arcuri, dovrà stabilire modalità migliore per “accogliere e distribuire il vaccino verso i primi target destinatari”. Ma tutte le scelte – compresa quella dei destinatari – sono delicate. Per questa ragione, l’obiettivo è prima di tutto individuare le linee politiche, per poi poter passare alla pianificazione e all’attuazione del piano. E dovrebbero essere queste “linee politiche” a definire chi saranno i primi beneficiari del vaccino.

Sulla problematica si è già “iniziato largamente a ragionare”, ha affermato Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, che assicura che è in corso l’elaborazione di una strategia per “affrontare compiutamente distribuzione e somministrazione del vaccino senza impatti negativi sulla catena di distribuzione, che ha bisogno di temperature particolarmente basse”. Sui primi ad essere vaccinati, il gruppo ipotizza di partire con i residenti delle Rsa. Ma a parte queste prime considerazioni, non sembrano esserci molti passi avanti. Ma per ora i dubbi del gruppo di lavoro sembrano non intaccare le vaghe speranze del presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ieri ha assicurato: “il governo porterà presto in Parlamento il piano nazionale preparato dal ministro della Salute “.  Vaghe speranze perché il concetto di ‘presto’ non è mai stato così sgradito, soprattutto per chi, come i circa 60 milioni di italiani, ha bisogno di qualche certezza in più a cui potersi aggrappare.

Impostazioni privacy