Coronavirus, non c’è più posto negli ospedali: si allestiscono letti nelle chiese

Da Pistoia a Napoli, le situazioni più drammatiche causate dal Covid. Ci sono comuni dove i malati vengono spostati nelle chiese per mancanza di spazio.

Medico GETTY 10 novembre 2020
Getty Images/Drew Angerer

Da Monza a Pistoia, passando per Napoli e Orbassano, questi sono i comuni dove il Covid ha colpito più duramente in Italia. Località dove il numero dei contagi è troppo alto se rapportato ai posti letto disponibili in terapia intensiva e al numero complessivo di abitanti.  Qui i medici, infatti, sono già passati a soluzioni drastiche, simili a quelle che si prendono in tempi di guerra. Il primo centro ospedaliero a lanciare l’allarme è stato il San Jacopo di Pistoia che alle ore 18.00 di ieri ha chiuso i battenti: la cittadina conta 90.000 abitanti e l’ospedale non è in grado di gestire il flusso di oltre trenta malati al giorno che verranno quindi dirottati a Firenze, presso il Careggi, fin quando la situazione non sarà gestibile.

Le cose non vanno meglio ad Orbassano, in Piemonte, dove i ricoveri sono in aumento del 25% rispetto alla prima ondata che pure era stata molto dura da gestire. Qui, l’Ospedale San Luigi è quasi saturo, con i suoi 378 posti in terapia intensiva vicini all’esaurimento. E allora ecco che i medici sono costretti a sbullonare le seggiole e a spostare le panche della chiesa locale per allestire altri 74 posti improvvisati dove accogliere i pazienti, come è già successo a Latina. In questa situazione, a pagare il prezzo più alto sono tutti gli altri pazienti, cioè color che soffrono di malattie anche gravi ma non legate al Coronavirus. A Milano, l’Ospedale Sacco è dedicato al 70% alla cura dei malati di Coronavirus con conseguenze facili da immaginare per chi arriva in reparto con una patologia differente.

Le situazioni più difficili causate dall’aumento di contagi da Covid in Italia però si registrano al momento a Monza e Napoli. Il comune della Brianza in particolare è in difficoltà perchè  su 3.000 operatori sanitari, ben 340 sono indisponibili proprio a causa del Coronavirus che li ha bloccati a casa o in ospedale: “Dovete aiutarci perchè adesso siamo noi la nuova Codogno. Abbiamo dato una mano quando siamo stati in grado di farlo, durante la prima ondata: ora ci serve l’assistenza della Regione e degli altri comuni, restituiteci il favore perchè siamo allo stremo” – il disperato appello di Mario Alparone, direttore dell Asst locale che chiede l’invio di altri medici e infermieri. Nella città che conta circa 123.500 abitanti, i posti in terapia intensiva sono solo 48 e rischiano di esaurirsi presto.

Mentre dall’Ospedale Cotugno a Napoli, arrivano immagini che potrebbero apparire incredibili in tempi “normali”: auto in coda per chilometri, piene di pazienti che necessitano cure. Gli infermieri del centro ospedaliero si affaccendano senza sosta all’esterno ed all’interno della struttura, eseguendo il pre-triage direttamente nelle auto e portando bombole d’ossigeno ai pazienti più gravi che non sono ancora stati ammessi in reparto. Proprio a causa di questa situazione che interessa non più una sola, specifica area ma Nord, Centro e sud Italia senza distinzione, Filippo Anelli – presidente dell’Ordine dei Medici italiano – ha chiesto al Premier Giuseppe Conte di proclamare un lockdown totale in tutto il paese: “Di questo passo, tra Natale e l’inizio del 2021 toccheremo il picco di casi e sarà un disastro. Un mese a casa potrebbe invertire la tendenza, meglio perdere dei profitti che la vita”.

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